Manicomi ricostituiti:di male in peggio |
Manicomi ricostituiti: di male in peggio. La nave dei folli- Hieronymus Bosch (1453/1516)] Se esiste il senso della realtà deve esistere anche il senso della possibilità. Chi voglia varcare senza inconvenienti una porta aperta deve tener presente il fatto che gli stipiti sono duri: questa massima è semplicemente un postulato del senso della realtà… un’esperienza possibile… ha un fuoco, uno slancio, una volontà di costruire, un consapevole utopismo che non si sgomenta della realtà bensì la tratta come un compito e un’invenzione. (Robert Musil) Dalla nave dei folli ai manicomi: il congedo tra Ragione e Sragione. Stiamo, tornando ai vecchi regimi custodialistici. Parlo della nuova proposta di legge del 12 maggio 2012, Disposizioni in materia di assistenza psichiatrica (che considero una vergogna racchiusa in 12 articoli) diretta alla restaurazione dei vecchi regimi manicomiali, un'ulteriore dimostrazione del regresso culturale, etico ed estetico, che ha ormai avviluppato il nostro Belpaese in una morsa in cui, come dice l’Amleto shakespeariano, ”Il tempo è uscito di sesto. Destino maledetto essere nati per rimetterlo in sesto”. In sintesi il Testo unificato elaborato dal relatore, adottato come testo base, prolunga la possibilità di ricoverare i pazienti in strutture psichiatriche, anche se non consenzienti, fino ad un anno. Inoltre la coattività del trattamento che era prima riservato a situazioni eccezionali e solo per pochi giorni, oggi può essere estesa anche a situazioni ordinarie, di emergenza e fino ad un anno di durata. La volontà del paziente viene negata e disconfermata [*1] ed insieme ad essa il diritto di esistenza del medesimo. L’articolo 4, ad esempio così recita “Le procedure di intervento sanitario obbligatorio, accertamento sanitario obbligatorio (ASO) e trattamento sanitario obbligatorio, che assume la definizione di trattamento sanitario necessario (TSN), sono attivate quando la garanzia della tutela della salute è ritenuta prevalente sul diritto alla libertà individuale del cittadino” e che “L’accertamento sanitario obbligatorio è proposto sia da un medico del Servizio sanitario nazionale, sia da un medico del dipartimento di salute mentale per l’effettuazione di un’osservazione clinica”. Conseguentemente un qualsiasi medico del SSN [Servizio Sanitario Nazionale. N.d.R.], può decidere di ricoverare… (sarebbe interessante, e tra l’altro necessario essere sicuri della sanità mentale del medico in questione, ricordando quanto diceva C. G. Jung e cioè che ”la psichiatria nel senso più ampio, è un dialogo tra la psiche ammalata e la psiche del medico, che si suppone sia “normale”; è una spiegazione tra la personalità ammalata e quella del terapeuta per principio anch’essa soggettiva”) chiunque sulla base di opinabili valutazioni diagnostiche che diventano “prevalenti sul diritto alla libertà”. Così ”la diagnosi diventa strumento di invalidazione dell’altro” (L. Cancrini) una volta assegnato, codificandolo, uno strapotere folle ad una medicina onnisciente e onnipotente, messa in grado di operare una sorta di damnatio memoriae [*2] contro i cosiddetti folli, verosimilmente solo specchio minaccioso di quella follia rimossa che terrorizza coloro che si sono fatti promotori e firmatari di una simile proposta. Ma continuiamo la nostra lettura… L’articolo 5 prescrive una terapia prolungata anche in assenza del paziente. Inoltre “Il trattamento necessario extraospedaliero prolungato è finalizzato a vincolare il paziente al rispetto di alcuni principi terapeutici”. Il tema del consenso, che rinvia a quel necessario coinvolgimento del paziente nella sua cura, attraverso la strutturazione di una relazione terapeutica con lo psichiatra, viene negato, insieme al diritto a di riconoscersi come soggetto attraverso la sua propria richiesta di aiuto. L’articolo 9 prescrive allo psichiatra del DSM [mentali Dipartimento di Salute Mentale. N.d.R.] di tenere informati i parenti, ma di doversi rivolgere al giudice per informare il care giver e quindi chi si prende abitualmente cura del paziente. Il paziente è solo un oggetto, privo di volontà e di pensiero, viceversa, pensato ed etero diretto, spogliato di ogni diritto di conoscere il proprio destino, la diagnosi sul proprio stato di salute, e non ultime le decisioni che lo riguardano. Il processo di medicalizzazione della follia è stato così compiuto, il breve intervallo che sembrava una metanoia, ma non lo era, in realtà, rappresentato dalla legge 180/78 [Legge Basaglia "Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori” N.d.R.] è stato un inutile tentativo, operato da pochi… per uscire… dalla follia, purtroppo mal condotto. L’approccio manicomiale definisce per se stesso lo sguardo medico asimmetrico, quindi come non reciproco a quello del malato. Così, come diceva M. Foucault [*3], il folle non viene più sottoposto a misure terroristiche, come accadeva in passato, ma viene allontanato, con il desiderio di assisterlo insieme a quello di reprimerlo, fino al punto di convincerlo a ri-conoscersi all’interno di un codice di colpevolezza che per lui finisce per diventare l’unica forma possibile di coscienza di sé. In questo clima di restaurazione non capisco il silenzio delle associazioni dei familiari dei pazienti psichiatrici… peccato che in Italia non esistano le associazioni dei diretti interessati, i quali rappresentando la Sragione [*4] i cosiddetti pazzi, ovviamente, non hanno diritti! Chiaramente, alla legge Basaglia 180/1978, non sono seguiti interventi ad hoc, con il risultato che i familiari di questi “pazienti” (mai parola fu più azzeccata, per ovvie ragioni) sono coinvolti pesantemente nella gestione di problematiche complesse e difficili, sia rispetto ai casi di psicosi, che delle cosiddette psicopatie, con il risultato che essi, i familiari apparentemente sani, avendo già identificato, in forma, ritengo, non consapevole il loro bravo capro espiatorio, (il malato è solo lui… quindi, il malessere è solo suo… non resta che espungerlo!) cercano la collusione con lo psichiatra. Il risultato qual è? Il risultato è, che, spesso, lo psichiatra, si trova all’interno di una conflittualità sia micro-sociale, (la famiglia) ma anche del servizio psichiatrico stretto senso, per assenza di risorse alternative dirette anche a sostenere la famiglia, considerato che le iniziative psicoeducazionali [*5] rappresentano un ulteriore triangolamento con i parenti, sia macro-sociale, (carenza di infrastrutture) che collude con la famiglia “sostenendola“ per attivare la soluzione più comoda”, quella del ricovero coatto o dell’inserimento in contesti intermedi, denotati e connotati come protetti (RSA) [Residenza Sanitaria Assistita. N.d.R.] Di fatto un’abile manipolazione linguistica del reale significato di dette strutture, in realtà, solo predisposte per restaurare la vecchia pragmatica manicomiale e custodialistica, però… sotto mentite spoglie:così, si vuole proteggere ed implementare il controllo sociale, esorcizzando la minaccia del diverso e derubricando attraverso finte finalità terapeutiche il drammatico capitolo della diversità. Alla fine, il conflitto, almeno quello micro-sociale, che coinvolge il paziente- la famiglia e il servizio psichiatrico, viene tacitato, il capro espiatorio depositario del malessere è allontanato, anziché affrontato e negoziato o, perché no, triangolato, quando lo psichiatra riesce ad attivare il suo emisfero destro, quello psicotico, per intenderci, per mettersi in vero contatto con il folle. Mi piace rievocare, per sottolineare il tormentato rapporto nel tempo tra Ragione e Sragione, alcuni aspetti molto significativi in tal senso, del saggio di M. Foucault, “Storia della follia nell’età classica”, senza voler essere riduttiva nei riguardi di questo splendido scritto. Foucault descrive, con il potere fascinatorio della sua parola, come durante il Medioevo, il folle pur essendo escluso dal contesto sociale, vi veniva reintegrato simbolicamente, come testimone e come viandante, però libero e fuori da ogni comunità, con un suo statuto di Alterità, che riusciva come Alter, appunto, ad esorcizzare e a contenere in un certo senso le paure dell’uomo integrato nel tessuto cosiddetto civile del mondo. Era proprio il folle che dava voce al saggio, esorcizzandone le angosce, attraverso quella forma di irrisione eversiva e dissacratoria delle pretese della ragione, additando al mondo… la sua insensatezza: una sorta di coscienza critica, verso i limiti invalicabili della ragion teoretica, avrebbe detto Kant, ma anche, di una coscienza drammaticamente consapevole di quell’ineliminabile “memento mori“ che è l’esistenza dell’uomo… fenomenologicamente [*6] essere… per la morte. [*] Non a caso la pittura e la poesia di quel tempo evocavano tutto questo, verosimilmente per la forte valenza emozionale etica ed estetica che certamente pervadeva, con grande incisività l’immaginario collettivo, in quegli anni: basti guardare le rappresentazioni delle Narrenschiffen, le cosiddette Navi dei folli, che attraversavano, alla fine del Medioevo i fiumi del Nord-Europa, senza mai fermarsi, se non significativamente, sfiorando la soglia delle città che toccavano: il dipinto del pittore olandese Hieronymus Bosch del 1490, La nave dei folli, è una forma icasticamente rappresentativa di questa complessa dialettica, testé esposta. All’inizio del XVII secolo, però, (sempre nel già citato saggio di M. Foucault) lo scenario cambia: la Sragione entra a far parte costitutivamente della Ragione in un cerchio indissolubile, ma attraverso una differenza operata dal regime diurno della Ragione, che pone ordine. Come? Separando Ragione e Sragione: la Sragione chiaramente identificata e soprattutto identificato il suo potere destabilizzatore consentirà alla follia di non essere più solo territorio di navi vaganti senza meta, ma rientrerà nelle competenze della Medicina, in altre parole, sarà “solidamente ancorata alle cose e alle genti. Trattenuta e tenuta ferma. Non più barca, ma ospedale” (M. Foucault). Mi chiedo, insieme a Foucault, “Perché la cultura occidentale ha respinto dalla parte dei confini proprio ciò in cui avrebbe potuto benissimo riconoscersi, in cui di fatto si è essa stessa riconosciuta in modo obliquo? Perché ha affermato con chiarezza a partire dal XIX secolo, ma anche già dall’età classica, che la follia era la verità denudata dell’uomo, e tuttavia l’ha posta in uno spazio neutralizzato e pallido ove era come annullata?”. La legge 180/1978… è stata solo un intermezzo… una Nave dei folli… impazzita, si perdoni il paradosso, che ormai è deflagrata, non potrà più essere ricostruita… non resta che il TSO [Trattamento Sanitario Obbligatorio. N.d.R.] e le strutture protette, che ci proteggono dalla Sragione, quella parte oscura che cerca di non emergere se non attraverso le difese trans-personali dell’immaginario collettivo cui dà voce poi il legislatore: il risultato è il Testo della proposta di legge del 12 maggio testé commentata.
[*] La nave dei folli- Hieronymus Bosch (1453/1516)] ________ *1 [N.d.A.] Disconferma La disconferma, tipica della comunicazione patologica, nega l’esistenza dell’altro, messo in posizione down, al quale si dice «Tu non esisti» (Watzlawick, Beavin & Jackson, Pragmatica della comunicazione umana, trad. it. 1971, p. 78). *2 [N.d.A.] Damnatio memoriae = istituto del diritto romano che significa letteralmente condanna della memoria. Stava ad indicare una pena consistente nella cancellazione della memoria di una persona e nella distruzione di qualsiasi traccia potesse tramandarla ai posteri. Si trattava di una pena particolarmente aspra riservata agli hostes, ossia ai nemici di Roma e del Senato. In Età Repubblicana , detta sanzione veniva applicata dal Senato, in genere verso una maiestas e sanciva la abolito nominis (cognome), mentre il prenome (nome proprio) del condannato non poteva essere tramandato ai discendenti, e venivano anche distrutte tutte le raffigurazioni del medesimo. Durante il Medioevo, la damnatio memoriae , fu applicata anche nei confronti di Papi come Papa Formoso. Anche in periodi storici abbastanza recenti, la damnatio memoriae continua ad essere applicata, purtroppo rispetto ad eventi eccezionali, basti pensare alla cancellazione in Italia dei simboli connessi al Fascismo e in Germania a quelli connessi al nazismo, per arrivare ai nostri giorni a Francisco Franco, in Spagna, a Saddam Hussein in Iraq e a Mummar Gheddafi in Libia. *3 [N.d.A.] M. Foucault Michel Foucault (1926/1984) sociologo, filosofo psicologo e storico francese. *4 [N.d.A.] Ragione e Sragione Ragione e Sragione non possano darsi che una in rapporto all’altra. La follia diviene una delle forme stesse della Ragione. Essa si integra all’altra, costituendo tanto una delle sue forze segrete, quanto un momento della sua manifestazione, quanto ancora una forma paradossale nella quale essa può prendere coscienza di se stessa. In ogni modo la follia non acquista significato né valore se non nel campo della Ragione. La follia diventa una forma relativa alla Ragione… Ciascuna è la misura dell’altra, e in questo movimento di riferimento reciproco esse si respingono l’un l’altra, ma si fondano l’una per mezzo dell’altra (M. Foucault, Storia della Follia nell’Età Classica p. 39). Dopo Cartesio, però diverrà impensabile il rapporto tra una “Ragione sragionevole” e una “ragionevole Sragione”. La Sragione è tutto quanto non è considerato Ragione. In particolare Foucault allude al mutato scenario che si delinea sin dal XVII secolo, rispetto ai cosiddetti folli, con l’istituzione in Francia dell’Hopital general e con l’apertura delle prima case di correzione in Germania e in Inghilterra e fino al termine del XVIII secolo, dove vengono rinchiuse varie categorie di persone e cioè bestemmiatori, libertini, insensati, dementi, uomini dallo spirito alienato, senza alcuna differenza… tranne di essere tutti colpevoli. E quindi di dovere essere tutti puniti. *5 [N.d.A.] Psicoeducazione La psicoeducazione è una particolare forma di educazione, in un certo senso di addestramento, diretto ad aiutare le persone con disturbi mentali o che si occupano di persone affette da disturbi mentali, tale da consentire loro, di utilizzare una serie di informazioni, atte a poter acquisire competenze per meglio gestire la malattia e le sue conseguenze. *6 [N.d.A.] fenomenologicamente = guardare ai fenomeni come ineludibilmente legati al loro mostrarsi attraverso l’esperienza. ________ |