Ottavia Penna(1907/ 1986) la siciliana qualunque e la controcultura di genere: appunti di una lettura. |
Cettina Alario. Ottavia Penna. Madre Costituente.
Storia di una singolare esperienza di vita.
Ed. Di Pasquale
Ottavia Penna, (1907/ 1986) la siciliana qualunque e la controcultura di genere: appunti di una lettura.
Ho sempre ritenuto, che la lettura di un libro, dischiuda un orizzonte di complicità tra lettore ed autore, in un processo di proiezioni e di identificazioni, che fa di ogni lettura, un’esperienza complessa, in cui si intrecciano e si embricano interpretazioni e rinvii di senso, in un ineliminabile specchio autoriflessivo. Ciò, diventa ancor più vero, se parliamo dell’autore di una biografia, in cui il gioco dei rinvii, diventa ancor più inestricabile, fino a diventare una sorta di” circolo ermeneutico”, che si instaura tra il primo e il suo protagonista, al punto che non è infrequente, che di quest’ultimo, si finiscano per cogliere nuovi sensi, di cui egli stesso, magari, non ha avuto consapevolezza. Che significa? Significa, che questo saggio, non è su Ottavia Penna, ma attraverso Ottavia Penna, come già implicitamente ci dice la sua autrice, Cettina Alario, con i modi della sua narrazione sobria e appassionata, autoriflessivamente diretta, in quanto è coinvolta, prima di tutto, lei stessa, “con la passione che fa da filtro allo sguardo”, (J. Le Goff) a raccontarci la storia di “ una singolare esperienza di vita”. Chissà, una storia riletta attraverso una biografia, che nel raccontare la “sua protagonista”, probabilmente la rivela a Sè stessa, in questo caso a chi affettivamente era ed è più vicino a Lei, attraverso un rinnovato gioco di rinvii di senso, ricordi, riflessioni, ripensando-La, con essi e attraverso essi ? Come dice Jung, se“ il pensiero si arricchisce attraverso la relazione”, quale migliore interprete di una vicenda biografica, come quella di Ottavia Penna, se non Cettina Alario, da sempre impegnata nel sociale, non casualmente, presidente dal 2008 dell’ASSOCIAZIONE Ottavia Penna, con lo scopo di contrastare tutte quelle forme di violenza nei confronti delle donne e dei bambini, di cui la Nostra fu un alfiere indomito? In questa cornice di senso, infatti, l’autrice, parlando anche di sé stessa e del suo mai concluso impegno, proprio nel sociale, ha tracciato, senza retorica e senza enfasi, il profilo di questa donna dell’Assemblea Costituente, ( in un momento in cui la presenza femminile era limitata a sole 21 unità, contro 556 uomini) la prima donna parlamentare di Caltagirone, (nell’immaginario collettivo condizione assimilabile a quella di un uomo) eletta per la Costituente, nelle fila del “Fronte dell’Uomo Qualunque”, con 11.675 preferenze, che le riservarono i suoi concittadini. Partecipò ai lavori della Costituente, da Marzo 46 al dicembre’47, con un atteggiamento impavido, diretto, con grande fierezza, a contrastare, come rivela la sua corrispondenza con personaggi politici, peraltro molto autorevoli del tempo, come lo stesso Alcide De Gasperi, nel gennaio 1948, quella cultura, del potere-sapere, diretta a produrre dispositivi, funzionali a corpi docili, disciplinati per genere:maschile e femminile. Come dice Michael Foucault, la connessione tra sapere e scienza produce forme di dominio, microsistemi di potere. Infatti i saperi forti, dalla medicina alla psicoanalisi, dall’antropologia alla linguistica fino all’etologia, condizionano e quindi esercitano un particolare potere sulla definizione di sé degli individui e sulle loro autorappresentazioni. Una grande intuizione, sul fatto, che un vero e proprio comportamento naturale non esiste e che qualsiasi azione porta l’impronta della cultura Il libro tra biografia e storia, con garbo, ma anche con grande rigore metodologico, (sono riportati significativamente molti atti documentali, attinenti gli scambi epistolari tra la Penna e personaggi politici significativi del tempo) ripercorre attraverso anche una iconografia familiare, l’apprendistato umano e politico-sociale di questa aristocratica del secolo scorso.. Era nata a Caltagirone nel 1907, aveva studiato le nozioni elementari, come si usava per i rampolli dell’aristocrazia, con istitutrici, in casa; poi in collegio a Poggio Imperiale a Firenze e gli studi superiori a Trinità dei Monti, a Roma. Tornata al suo paese, aveva sposato il dottore Filippo Buscemi, un medico molto noto e stimato, spezzando la tradizione, anche della sua famiglia, considerato che i genitori erano entrambi titolati, che voleva i nobili sposati tra di loro Alla fine della guerra, nonostante la sua forte fede monarchica, fu conquistata dalle idee "innovatrici" di Guglielmo Giannini, (1891/ 1960) giornalista, politico, scrittore, regista e drammaturgo italiano., personalità molto complessa, di grande potere carismatico, nonostante avesse frequentato solo le scuole elementari, cosa di cui si vantava, che in quegli anni aveva fondato il giornale e un partito “L' Uomo Qualunque.” Scriveva commedie, rappresentate con successo, da attori di spicco,come Ermete Zacconi, aveva inventato una delle prime riviste di cinema, Kines, sue erano le didascalie nei film di Charlot. Repubblicano ed europeista, Giannini, dissacrava i rituali di Montecitorio, al punto che minacciò una volta di intonarvi canzone napoletane. Qui è necessaria una precisazione, al fine di evitare malintesi fuorvianti inerenti il concetto di qualunquismo, che è complesso, in quanto è da intendere, per contrapposizione e in un certo senso, per paradossi, rispetto agli effetti che finì per determinare, ben lontani dagli intenti del suo fondatore, vediamo perché. Il termine deriva da quale e dal suffisso generalizzante unque. In questo caso, nella sua funzione di aggettivo qualificativo, qualunque allude a persona che non si distingue, come tanti, come tutti. Ma, detto concetto va inteso per contrapposizione, ma anche per paradossi, come vedremo. Per contrapposizione, perchè nel giornale suddetto, significativamente nella U, vi era disegnato un torchio, che schiaccia una piccola immagine di uomo:una metafora evocativa della classe politica, che schiaccia e opprime il piccolo borghese, il travet, l’uomo qualunque. Per paradossi, perché, pur essendo un partito, paradossalmente contestava i partiti, i sindacati, lo Stato, credeva di poter ingenuamente tutelare gli interessi del singolo, in quanto, i politici rappresentavano la truffa istituzionalizzata di una oligarchia di potere, contro gli uomini qualunque, privi di ogni potere. Propugnava l’idea di formare un governo di tecnici, uno Stato amministrativo, contro il governo dei politicanti, suscitando violente reazioni da parte di tutti i partiti politici. In realtà, il pericolo del qualunquismo e quindi la sua degenerazione, era rappresentato dalla contestuale apertura alla manipolazione, alla demagogia di falsi retori, in grado di presentarsi come tribuni del popolo, ma anch’essi eterodiretti da poteri forti. L’uomo qualunque non è preparato ad affrontare un contesto così complesso, perché privo di una vera cultura, tale da consentirgli una critica accorta nei confronti di chi lo manipola e da cui non è in grado di difendersi, in quanto un uomo senza discernimento,”Un uomo senza qualità.”(Carlo Galli,Repubblica,30 gennaio 2011) Quando la sua parabola si concluse, come osserva l’articolo che gli ha dedicato Repubblica del 30 gennaio 2011,“incontrò la più crudele damnatio memoriae, cioè la condanna della memoria, una sorta di muro contro ogni ricordo che lo riguardasse, a parte un libro della storico Sandro Setta (Laterza 1975). Vorrei fare una digressione, per rammentare questo istituto del diritto romano, per la carica simbolica, oltre che normativa, cui rinvia e che forse oggi, visto il malcostume politico che attraversiamo, andrebbe reintrodotto. Nell’antica Roma, esso rappresentava una sanzione prescritta dal Senato ad un politico importante(maiestas) consistente nell’abolitio nominis. (cognome) Il praenomen (il nome proprio) del condannato non si sarebbe tramandato in seno alla famiglia, anzi, sarebbe stato cancellato da tutte le iscrizioni. Tutti i simboli che lo riguardavano come immagini e statue venivano distrutte. Inoltre con voto del Senato, a volte, seguiva la rescissio actorum, ossia, la distruzione di tutte le opere realizzate dal condannato, nell'esercizio della propria carica, poiché era ritenuto un pessimo cittadino. Se tale atto avveniva in vita, allora, dal punto di vista giuridico, esso rappresentava una vera e propria morte civile. Sarebbe auspicabile, come ho già detto, che la damnatio memoriae, venisse reintrodotta nel nostro diritto, per reati gravi, anche in via non definitiva, come corruzione, mafia, concussione, peculato.(vedi pag su Facebook) Ritornando all’incontro tra Ottavia Penna con Guglielmo Giannini , è facile immaginare, la presa di quest’ultimo, sulla pasionaria aristocratica, amante della legalità e della giustizia, ma anche dotata sicuramente di uno spirito dissacratore ed innovatore, che Gabriello Montemagno ha definito, con una bella immagine icasticamente rappresentativa, la giustiziera della notte, nell’articolo “La Siciliana della Costituente”, La Donna Qualunque, che puntò al Quirinale, che le ha dedicato su Repubblica di Palermo del 29/9 /2009, alludendo e rievocando, anche attraverso il libro in questione, al suo impegno nel sociale, diretto ad aiutare i poveri e gli emarginati. Egli racconta, come durante l’ultima guerra, di notte, furtivamente, la giovane e bionda baronessa raggiungeva le campagne del calatino e munita di un affilato coltello, tagliava i sacchi di grano, che i baroni della zona destinavano al mercato nero. Prelevava, anche, dalle proprie fattorie, carne macellata e la portava ai poveri e agli indigenti. Così, la baronessa, con un coraggio, che una cultura di genere definirebbe al maschile, sfidava il controllo della polizia, in un momento che il cibo veniva razionato con la carta annonaria Una vicenda umana singolare, che ha segnato la nostra storia, tra la fine del Fascismo e la nascita della prima Repubblica, e non solo quella al femminile, concetto importante questo, che da solo, però, sarebbe riduttivo, talmente singolare, che potrebbe veramente rappresentare lo spunto per un Romanzo di Formazione. (romanzo, racconto)genere letterario,come sappiamo, nato in Germania con Goethe e il suo romanzo Wilhem Meister, diretto a seguire l’evoluzione e la crescita di un personaggio, dalle origini alla maturità, fino all’età adulta, per raccontarne attraverso un peculiare apprendistato alla vita, emozioni progetti, illusioni, passioni, da una particolare prospettiva interiore. Ma un romanzo di formazione, che a differenza del Meister di Goethe, il quale rinvia ad un’idea pedagogica di educazione diretta al raggiungimento di una maturazione, come momento in sé concluso, in cui tutto va bene, va a posto, una volta per sempre, come se non ci potessero più essere conflitti, incertezze, trasformazioni, quì pensiamo ad un”Romanzo di Formazione moderno” in cui, una formazione così intesa è impensabile, in quanto si verifica solo nelle favole, in cui …”tutti vissero felici e contenti. Bisogna sempre rammentare, che l’idea di vita, di esistenza, si coniuga solo con il movimento e il cambiamento, per quanto doloroso, mentre la fissità, la staticità di ogni situazione, allude all’idea di paralisi e morte. Quindi una formazione che può avere anche un epilogo non felice. Infatti, Ottavia Penna conclusa l’esperienza della Costituente, tradita dal comportamento del suo leader Giannini, abbandona con grande amarezza la politica, la gestione della cosa pubblica, il 30 ottobre 1947, insieme all’onorevole Castilia, dicendo testualmente, che la politica per lei era“ un libro chiuso”, d’altro canto, è pur vero, come dice JUNG che”Lo sviluppo della personalità è una fortuna che si può pagare a caro prezzo. La nota scritta, riportata nel saggio, in cui vi si legge lo sdegno e il dissenso vissuto da Ottavia Penna, nei confronti di Giannini, che sicuramente voleva essere il testo di un intervento, fa intendere, chiaramente, con quale fierezza e determinazione, la medesima difendeva i suoi ideali di giustizia e libertà. Una pasionaria idealista, femminista ante litteram, ma nel senso di volere contrastare l’imperante cultura di genere, come ho già detto, la biopolitica dei corpi, avrebbe detto M. Foucault, quel potere cioè che da forma ai corpi degli individui e alle loro autorappresentazioni, produce realtà e saperi, modella conoscenze e comportamenti. Ottavia Penna, con forza e con grande determinazione, ha dimostrato attraverso il suo tormentato apprendistato, di essere all’altezza di fare,.. come gli uomini, per difendere i diritti dei deboli e degli emarginati e la parità dei diritti tra uomo e donna, non apertamente detto nel libro, ma sicuramente lasciato trasparire, attraverso i messaggi indiretti veicolati dalle sue stesse parole,….testualmente “Bisogna contrastare l’ideale maschile. Noi donne dobbiamo difendere la nostra categoria, perché in caso contrario gli uomini avanzano. Le donne devono avere gli stessi diritti degli uomini, visto che siamo esseri eccellenti”(pag.44) In questa frase è racchiuso, forse, il significato di un impegno, legato al profondo rifiuto per la condizione femminile, e quindi per i ruoli di genere, già introdotto, a quanto sembra, dalla madre di Ottavia Penna, forse lei stessa in crisi, insofferente al dover essere, inscritto nella concezione del Femminile del suo tempo, come lascia intravedere il saggio, nelle “Considerazioni finali”.(pag 108) Il saggio, infatti, suggerisce, anche, alcune considerazioni o per meglio dire alcuni interrogativi, a cui è difficile dare risposte, che, solo, può dare, chi è stato a Lei vicino, e forse solo oggi, rielaborando e riscrivendo una storia con altre e nuove attribuzioni di senso, per restituire agli eventi, un più ampio respiro. Noi, possiamo solo interrogarci, sul fatto, che, forse un impegno eccessivo, fondato sulla passione, che se da un lato fa da filtro allo guardo, dall’altro ne riduce la portata, l’ampiezza, perché il desiderio, che la sottende, si sa, ne offusca l’orizzonte, creando aree di confusione e di sovrapposizione, che, forse, hanno finito per rendere meno pregnante, verosimilmente, la quotidianità dei suoi affetti familiari. Non lo sapremo mai, se non ponendo interrogativi, a cui ognuno troverà la sua risposta, la sua verità. D’altro canto, parliamo di una formazione, che avviene attraverso il principio di trasformazione, in cui, il senso del racconto è dato dalla sua narratività, che significa apertura di senso, per la costruzione di altri sensi, come processo aperto, provvisorio, instabile, che apre nuovi punti di partenza, che possono aprire ad altre riflessioni, una sorta di poiesis, di processo creativo, mai concluso,…perché ogni formazione, come raggiungimento di un paradiso edenico, è impossibile, come ho già detto,….in quanto essa non finisce mai . Credo, che l’invito al lettore di questo libro, significativamente connotato, dal suo titolo “OTTAVIA PENNA Madre Costituente. Storia di una singolare esperienza di vita,”voglia, proprio, essere, quello di tipo abduttivo, che muove, quindi, per somiglianze e connessioni, come tale, diretto ad una lettura del “come se” …di un Romanzo di Formazione, in cui la meta, non è data dal raggiungimento di un utopistico ideale di perfezione, ma dalla capacità, di saper cogliere quegli aspetti di narratività, come aperture di senso, dirette, non solo, ma anche, al disassoggettamento dalla cultura di genere, di cui, ante litteram, aveva già tracciato il difficile sentiero, Ottavia Penna. Non possiamo non ricordare, in proposito, il poeta Ugo Foscolo, quando ci rammenta nei “suoi Sepolcri che ”…..”A egregie cose il forte animo accendono l'urne dei forti, o Pindemonte.” Cettina Alario, fondando insieme ad altre donne di Caltagirone l’Associazione, che ne porta il nome, ha voluto, a mio avviso,proprio cogliere quegli aspetti di narratività insiti nella vicenda umana e politico-sociale, inaugurati da Ottavia Penna, per proseguirne il mandato, aprendo altri e nuovi percorsi formativi, che per essere tali, non potranno mai concludersi. … A questa lettura speciale è diretta questa biografia, perché ” i fatti sono storie interessantissime, ma non molto di più”, sono, piuttosto le interpretazioni, attraverso le categorie estetiche dell’intuizione, che sole possono restituirne il senso,…che i fatti per sé stessi non potranno mai possedere. Quanto detto, ricordando, sempre, che l’intuizione estetica si fonda sull’ordine della comprensione, (verstehen) che attiene le Scienze dello spirito, il cui oggetto non è il dato, ma il vissuto, che ”non è un fenomeno dato attraverso i sensi come riflesso del reale nella conoscenza , ma una connessione vissuta dentro di noi”.(W.Dilthey)…quella connessione necessaria, per poter narrare nuove storie, ancora, attraverso Ottavia Penna.
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