Adolescenti e adulti oggi, tra scuola e famiglia:una relazione difficile? |
Non puoi avere, nello stesso tempo, gioventù e coscienza di essa; giacché la gioventù è troppo impegnata a vivere per esserne cosciente, e la coscienza è troppo impegnata a cercare se stessa per vivere. . Gibran, Kahalil Aforismi (sabbia e spuma), Newton Compton, 1993, p. 85.
Il disagio giovanile è una delle problematiche più gravi che in questo momento affliggono l’Italia, come d’altro canto il resto dell’Europa. Avvertiamo, si ritiene un po’ tutti, un senso di smarrimento, di malessere, di solitudine e purtroppo anche il senso di un cupio dissolvi (letteralmente desiderio di morire. Espressione che deriva da una frase biblica, espressa da san Paolo nella lettera ai Filippesi) che spesso non tarda ad esitare nei giovani in comportamenti autodistruttivi. Viviamo in un epoca dominata, da quelle che il filosofo Baruch Spinoza, chiamava nella sua Ethica, le “passioni tristi”, a cui corrisponde il profondo malessere derivante da un senso di incertezza, di impotenza ,in cui il mondo, in particolare per i giovani, diventa in-comprensibile, straniante, come vissuto da un altro….. Purtroppo, questo sentimento decadente della vita, che attraversa spesso l’adolescenza, certamente ha il suo fascino, a patto da non farsi immobilizzare dallo sguardo di Medusa, che dimora in quell’aldilà della psiche dei giovani, il mostro dai connotati femminili, che Perseo, eroe depositario della razionalità, fu costretto a decapitare, per riuscire a bloccarne l’effetto malefico. “ Fissare Medusa è perdere nel suo occhio, la vista, trasformarsi in pietra dura ed opaca. Per il gioco dell’incantesimo, colui che guarda è strappato a sé stesso, privato del suo proprio sguardo, investito e invaso della figura che lo fronteggia” [1] Ma, non sempre, il giovane adolescente riesce a trasformarsi in un Perseo, perché gli adulti lo hanno lasciato solo, tant’è, che in Italia, il suicidio è la seconda causa di morte, dopo gli incidenti stradali, per i giovani maschi tra i 15 e i 24 anni, inoltre, il tasso del suicidio giovanile è cresciuto del 13%, arrivando ad interessare 76,7 casi su un milione, con un aumento significativo, nella fascia 15-19 anni. Alcuni dati dimostrano, che il 10% degli adolescenti, che hanno tentato il suicidio, morirà di morte violenta nell’arco di 10 anni. Come dice il professor Umberto Galimberti, bisogna evitare che i giovani si sentano stranieri nella loro vita, (in Italia, ogni giorno due giovani si tolgono la vita, mentre dieci tentano di farlo) in un momento, in cui il timore che essi vivono, oscilla “tra il non sapere chi si è e la paura di non riuscire ad essere ciò che si sogna”.[2]. Pare, che i soggetti più a rischio di dipendenze e di pluridipendenze di vario genere, (droghe, alcol ecc..) siano i maschi tra i 15 e i 24 anni, ma il fenomeno è in crescita, anche tra le femmine, appartenenti alla stessa fascia d’età. Nel 2005, in Italia tra 27000 detenuti, il 25% era rappresentato da giovani di età compresa tra i 18 e i 34 anni. Inoltre, nello stesso anno i minori che avevano commesso un reato, erano ben 21.600. Tra gli adolescenti, ci informano i mass media, sembra essere sempre più diffuso il fenomeno del bullismo, praticato in gran parte dal genere maschile, ma non solo, infatti, a giudicare dai fatti di cronaca, esistono anche casi di bullismo al femminile. Non ultimo, in queste scene di disagio, troviamo ampiamente rappresentati, disturbi di tipo alimentare(anoressia , bulimia) tra le adolescenti, ma anche tra le giovani donne. Uno scenario cambiato, le cui responsabilità sono complesse, bisogna solo cercare di contestulizzarne il senso, non commettendo gravi errori di ordine logico, con letture scontate e semplicistiche, che ci porterebbero lontano da una reale comprensione del fenomeno, dimenticando che la posta in gioco è veramente alta, in quanto gli adolescenti di oggi saranno gli adulti di domani. Uno degli errori più devastanti, riteniamo, sia quello di ricorrere ad una chiave di lettura, diretta a patologizzare il normale attraversamento di un ciclo vitale, quando ovviamente non necessario, qual è l’adolescenza, senza interrogarsi su questioni molto più profonde, legate ai mutamenti epocali, di cui in breve cercheremo di fissare alcune questioni portanti. Prima fra tutte, ci preme sottolineare, alcune differenze, che riguardano i rivolgimenti, che la famiglia ha subito, a livello organizzativo, simbolico, psicologico. Siamo passati dalla generazione nata negli anni cinquanta, il cui modello era di tipo autoritario, parsoniano, per intenderci, in cui i ruoli erano chiaramente definiti e in cui la madre rivestiva un ruolo fondato sull’accudimento dei figli e il padre un ruolo esterno, fondato sull’occupazione lavorativa, in cui si iniziava, però, già ad entrare in risonanza con le esigenze dei figli, cominciando a rivedere i modelli educativi precedenti, troppo rigidi, mantenendo, pur sempre, l’autorevolezza genitoriale. Negli anni 70 /80 si profila il modello della famiglia negoziale, caratterizzata dalla continua negoziazione nel rapporto tra genitori e figli, in base anche all’età di quest’ultimi. Un modello educativo debole, che ha minato l’autorità genitoriale, fino al fenomeno cosiddetto della” famiglia lunga”, dove la permanenza dei figli nel nucleo familiare, qualcuno li chiama bamboccioni, si protrae, fino a che la convivenza tra generazioni di adulti, porta alla negoziazione tra pari, di tipo, quindi, simmetrico ed ovviamente alquanto difficile e spesso conflittuale. Infine, il modello attuale di famiglia, è quello che Gustavo Pietropolli Charmet, psicoterapeuta ed esperto di disagio giovanile, definisce famiglia affettiva, in cui, la dissoluzione delle regole, è stata sostituita dall’idea che regole e principi servono poco, viceversa la relazione genitori- figli deve reggersi sul principio “ di farsi obbedire per amore e non per paura.”[4] I rapporti così sono diventati amichevoli, tra pari, con la definitiva dissoluzione di.regole e metaregole dirette a stabilire obblighi e gerarchie di ruolo. Le finalità della famiglia affettiva sono quelle di costruire figli felici, evitando al massimo la sofferenza, che in realtà sappiamo bene, come essa sia, di fatto, compagna ineludibile del nostro vivere , finchè Atropo, che non può essere dissuasa, “taglierà quel filo, che ci lega alla vita. Un’idea impraticabile e fuorviante Eugenia Scabini, Preside della Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica S. Cuore, di Milano, sottolinea, inoltre, e questo è un dato molto interessante,che il modello attuale di famiglia, oltre ad essere affettiva, è anche di tipo generativo, nel senso tipico della postmodernità e cioè, che la coppia è forte, poiché il figlio è attualmente istituente la famiglia. In altri termini, quando il figlio istituisce la coppia, sia in senso psicologico che simbolico, il mantenimento del rapporto coniugale si fonda sulla presenza del figlio. Non a caso, molte coppie di fatto legalizzano la loro unione, al l momento della nascita di un figlio Il paradosso, alla fine, è rappresentato da una indissolubilità della coppia, originata dalla filiazione , con la conseguenza di creare una relazione, dalla quale non si può uscire, non potendo più desituarsi, e per ovvi motivi, dall’essere ex genitore, o ex figlio. Questi, in breve, sono alcuni aspetti fondativi della famiglia oggi, in cui si muovono gli adolescenti, aspetti, ovviamente gravidi di conseguenze a livello relazionale, affettivo, simbolico e psicologico. Infatti, non sono infrequenti in queste famiglie, invischiamenti, triangolazioni, (coalizione tra due membri appartenenti a due generazioni diverse contro un altro membro, per es. la coppia anomala, madre- figlio contro il padre) confini sfumati tra i membri della famiglia., in cui è impossibile individuarsi. I figli sono diventati un valore assoluto, adultizzati, quando non parentizzati, cioè costretti a sostenere loro, le crisi esistenziali e le fragilità dei genitori in un disastrosa inversione di ruoli. Così, i genitori danno senso alla loro vite, solo attraverso i figli, in una reciproca dipendenza, in cui quest’ultimi non riescono a distaccarsi, perché finiscono per rappresentare l’ancora, che deve esorcizzare il malessere di invecchiare. dei loro cari..[5] Ma le relazioni sane , richiedono un processo di diversificazione , un percorso verso quella che Jung chiama il processo di individuazione, quel processo cioè, che ci aiuta a diventare “un essere singolo, intendendo noi per individualità la nostra più intima , incomparabile e singolare peculiarità, diventare noi stessi, realizzare il proprio Selbst(Sé)….Ma il Sé comprende infinitamente di più del semplice io . Esso è tanto l’uno o gli altri che l’io. L’individuazione non esclude il mondo, ma lo include”[6] Il concetto é semplice: la "normalita`" è un costrutto, un concetto puramente statistico. La natura è basata sulla diversificazione, non sull'omologazione. Più gli organismi viventi sono complessi, più si distaccano dal concetto di omologazione. Eppure, incredibilmente, la nostra società insegue il mito della "norma" come fosse il massimo bene possibile. L’esito qual è? L’esito è sotto gli occhi di tutti ed è dato dal dilagare di un esasperato conformismo, quello che in modo mirabile ha rappresentato nel 1983, nel film Zelig, Woody Allen attraverso appunto Leonard Zelig, un normopatico affetto dalla patologia della normalità, o da quella che Moreno connotava come robopatia, estrema forma di perdita dell’identità e quindi dell’incapacità di abitare il mondo come soggetto, se non all’interno del più vieto conformismo, l’unico in grado di fornire sicurezza. I fatti tragici di cronaca, cui assistiamo ogni giorno, compresi i fatti di Avetrana, ci dicono che la banalità del male alligna tra gente cosiddetta perbene, insospettabile, normopatica, direi, …lavora alacremente, ha una vita sociale, un piccolo gruzzoletto, e poi…? Purtroppo le agenzie educative, prima fra tutte la famiglia e poi la scuola, attuano le pratiche per castrare la diversificazione naturale dei bambini, in modo da portarli verso l'ideale, malsano, dell'omologazione. D’altro canto,”Quando a dire la verità è il bambino, accade l’incontro sempre sgradevole tra l’adulto e la sua ipocrisia”.[7] Polli di allevamento, diceva Gaber. Non sarà certo tornando indietro, cioè negando l’attuale processo evolutivo dei rapporti genitori -figli e imponendo, ex abrupto, paletti e regole severe, che si potrà uscire dall’impasse. Per esempio, in proposito, non si può non fare i conti, con il fatto, di cui forse non si ha consapevolezza, che i giovani hanno completamente mutato la loro relazione con l’istituzione scolastica, alla quale, come dice il prof. G.Pietropolli Charmet, già citato , non riconoscono un significato simbolico e istituzionale, bensì il significato di servizio o di centro di socializzazione e di scambio culturale. Di converso, però, i docenti si sentono privati della rappresentazione che essi hanno del loro ruolo in termini di autorevolezza del potere adulto, loro conferito dall’istituzione che rappresentano, anche nell’immaginario collettivo, e delle tradizioni culturali del Paese, con la conseguente chiusura alla nuova proposta relazionale dei giovani. La conseguenza qual è ? Il corpo docente interpreta la richiesta degli allievi come sintomo di una grave demotivazione e disinteresse nei confronti dell’apprendimento, a parte una totale ed arrogante mancanza di rispetto per l’Istituzione Scolastica. Questo è un grosso problema, di cui forse non si è compresa la portata, e cioè che per i giovani, oggi, il ruolo di studente, non esprime più le loro passioni, infatti, come giustamente osserva il Prof Pietropolli Charmet, essi guardano alla scuola come una faccenda di scarso interesse emotivo. Alla fine, la richiesta alla scuola fatta dai giovani è quella di implementare e strutturare un approccio educativo nei loro confronti diverso, accogliendo con competenza la loro vita affettiva, relazionale e di produzione creativa.[8] La scuola non ha capito, che per educare, non basta istruire. Purtroppo, concordo con il prof. Umberto Galimberti ,quando dice che la scuola si fonda sull’idea distorta che hanno gli insegnanti rispetto alla loro mission, (locuzione inglese e che com’è noto allude alla missione o scopo di un'organizzazione, la sua "dichiarazione di intenti" quindi il suo scopo ultimo, la giustificazione stessa della sua esistenza, e al tempo stesso ciò che la contraddistingue da tutte le altre.) che è quella di essere pagati per istruire, ma non per educare.. La mission –missione, dal lat missio, missionis, che significa invio, pur essendo una locuzione carica di intenti simbolici, anche per ‘la sua origine teologica , in quanto allude alla diffusione della fede cristiana, tramite l’invio di sacerdoti-missionari presso comunità di miscredenti, (dal greco απόστολος, apóstolo: significa 'inviato' infatti missione è la traduzione latina di apostolo)poco però si attaglia al contesto scolastico, in quanto viene ridefinita come trasmissione spassionata, (sì, proprio così spassionata.! ) quando non stanca, di nozioni estrapolate dalla storia della cultura, dopo averle rese asettiche da qualunque risonanza psicologica, emozionale, sentimentale, testualmente “in modo che la scientificità del sapere non sia compromessa da queste scorie umane.”[9] Mi chiedo, e chiedo , è possibile una missione senza passione? Il termine missione, anche spogliato dal suo significato religioso, considerato che all’origine il termine alludeva ad una fede da diffondere, partecipare e condividere, come ho già detto, non necessariamente, in questo caso, di tipo religioso, non rinvia forse ad emozione, partecipazione compromissione, condivisione con l’altro.? Quindi, se il sapere privo di emozioni, diventa lo scopo e il profitto, il metro per misurarlo, la scuola ha fallito, (altro che mission!,) perché livella, quando non mortifica soggettività nascenti “in nome di un presunto sapere oggettivo che serve a dare identità più ai professori che agli studenti in affannosa ricerca”.[10] ..…”E’la passione che fa da filtro allo sguardo” ha detto Il medievista Jacques Le Goff”.e senza passione non c’è vita.. Sigmund Freud, l’aveva intuito, oltre cento anni fa, che il desiderio è il fondamento dell’apprendimento, quello che segna l’accesso alla cultura, attraverso il concetto di sublimazione della libido. Una sublimazione che avviene, quando il bambino passa, da una posizione cosiddetta narcisistica, autocentrata, a quella che Freud, definisce libido oggettuale, che segna l’accesso alla cultura, mediante appunto la sublimazione e il cosiddetto profilarsi della pulsione epistemofilica,, processo che segna l’apertura da parte del bambino al desiderio di apprendere, di conoscere il mondo e di far parte di esso, abitandolo. Il desiderio apre alla relazione, alla condivisone, al legame con l’altro, ad un con-esserci esistenziale, come sentimento di essere parte di[11]…. Se la scuola ritiene che il suo unico compito sia istruire, basta come, aveva preconizzato, Ivan Illich, nel suo testo famoso”Descolarizzare la società,” soltanto collegare i giovani a mezzi informatici, da cui mutuare le informazioni utili alla loro istruzione e ridurre gli insegnanti a semplici assistenti! Le emozioni , le passioni, i bisogni epistemofilici sono solo fantasie obsolete, che vanno assolutamente messe da parte, nell’era dei consumi! Sempre Sigmund Freud, un secolo fa, aveva scritto “La scuola non deve mai dimenticare di avere a che fare con individui ancora immaturi, ai quali non è lecito negare il diritto di indugiare in determinate fasi, seppure sgradevoli dello sviluppo. Essa non deve assumere la prerogativa dell’inesorabilità, propria della vita;non deve voler essere più che un gioco della vita.”[12] Il bullismo che ingloba vari tipi di comportamento , anche di tipo goliardico e scherzoso, non solo quindi di tipo distruttivo, fa parte della vita scolastica , ma è anche un messaggio di richiesta di attenzione agli adulti. Purtroppo questi nuovi linguaggi, di cui bisognerebbe decodificare il significato affettivo e relazionale andrebbero compresi(verstehen ) per fornire risposte competenti e congrue ai bisogni cui essi rinviano, invece, vediamo cosa accade, di fatto. Accade che il bisogno di conquista della notte (i ragazzi vivono molto di notte, oggi), il bisogno del contatto virtuale (l’uso di internet), la maniera diversa di rappresentare la relazione con sé stessi attraverso il corpo trafitto da piercing e segnato da tatuaggi investiti sicuramente da una forte simbolicità espressiva, che li rappresenta in quel particolare momento del loro ciclo vitale, la relazione stretta con la famiglia sociale, cioè i legami affettivi con i coetanei, negli adulti impreparati e verosimilmente terrorizzati, evoca sulla scena sociale la necessità della cura diretta a bonificare comportamenti ritenuti patologici. Così, la cura di questi ragazzi viene inopinatamente affidata ai professionisti delle discipline forti, e, cioè, psichiatri, criminologi, esperti di devianza minorile, con la sconsiderata patologizzazzione di problemi attinenti un ciclo vitale, qual è quello dell’adolescenza oggi, solo perché gli adulti non posseggono strumenti idonei a fornire risposte …sane a bisogni sani .[13] Si ricorre così a strumenti di tipo psicocratico., oggi, ormai dilaganti. Ma cos’è la psicocrazia? La psicocrazia ,è quel potere occulto, diretto a gestire gli individui, patologizzandoli: infatti essi, credendo di riconoscersi nei sintomi definiti attraverso protocolli ufficiali, elaborati in genere in America, ma ampiamente diffusi in Europa, come il DSM-IV, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, definito da alcuni la Bibbia della psichiatria, finiscono per essere intrappolati in un dispositivo, come affermano Gilles Deleuze e Michael Foucault, e cioè in un apparato predisposto per controllare e manipolare atteggiamenti e condotte, non forzandoli, apparentemente dall’’esterno, ma “costringendoli ad essere soggetti attivi del loro assoggettamento”. In altri termini, si profila, quella che M. Foucault definì biopolitica dei corpi, operata con la complicità di discipline, che vanno dalla chimica alla biologia, dalla genetica alla statistica, fino a saperi, quali, la demografia, la psichiatria, la sociologia, la criminologia, la sessuologia, tutti insieme, diretti a definire l’idea di normalità che, come ho già detto è solo un costrutto. Un costrutto, che pur essendo fondato sull’assunzione logico ipotetica di tipo statistico di un fenomeno, che è solo la conseguenza dedotta dal costrutto adottato, oggettivizzandolo, di fatto , riesce ” a fornire alle sfere di potere gli strumenti concettuali per la gestione delle attività biologiche”.[14] Viceversa, la questione va affrontata, ridefinendo le politiche giovanili (in atto non si fa nulla, tranne punire e patologizzare, o continuare sulla politica del laisséz faire) e riorganizzando i Servizi deputati a fornire risposte sia ai giovani, sia agli adulti, considerato, che quelli esistenti, sono obsoleti, in quanto non più rispondenti al ricambio culturale, che è in atto e sotto gli occhi di tutti, come, anche, il ritardo culturale al primo connesso… Una rapida occhiata ,per capire, di cosa parliamo. Cominciamo dai i Servizi di Tutela Salute Mentale:essi sono troppo connotati, né tanto meno organizzati a fornire risposte, che non siano confezionate …solo per i matti; i Consultori sono ridotti a servizi predisposti in senso medico-ginecologico; i Centri Sociali forniscono, spesso, solo risposte, di tipo marcatamente assistenzialistico. Vorrei concludere, sottolineando il fatto, che i giovani chiedono agli adulti di essere compresi e non di essere affidati ad esperti, per paura di non sapere cosa fare e di non capire, perchè, loro, gli adulti sono privi di una vera passione educativa. La mancanza di una passione educativa, alla fine, porta gli adulti ad invocare le facili etichette, fornite da diagnosi preconfezionate, per coprire la loro incapacità ad esser-ci e a con-esserci, con questi nuovi adolescenti, che il prof GustavoPietropolli Charmet, con una bella immagine icastica, di forte potere rappresentativo, immagina alla ricerca di un adulto vero, una guida, un mentore, che quando lo incontrano, non se lo lasciano sfuggire, perché? [15] Questa figura, che il prof Pietropolli Charmet, immagina , come l’unica, che possa entrare, attraverso un alchimia emozionale in quell’aldilà che è la psiche dell’ adolescente attraversandone la scena interiore, a differenza dell’ esperto delle discipline forti ,non può che essere rappresentata, a mio avviso, dall’immagine possente, perché forte, magica e solida, rinviata da un novello e appassionato Teseo. Si ancora Teseo! Ma, questa volta, impegnato nel compito arduo, di dover eludere la sorveglianza ambigua e minacciosa del Minotauro, che abita i protagonisti di questo particolare momento del ciclo vitale dell’esistenza, per condurli sani e salvi, fuori da quel labirinto dionisiaco, che è l’adolescenza. Ma come ? Con lo stesso atteggiamento con cui si ascolta la musica, comprendendo-li, (verstehen) loro, sì, gli adolescenti, perché, come ha detto Levy Strass: "fra tutti i linguaggi, solo la musica riunisce i caratteri contraddittori di essere a un tempo intelligibile e intraducibile".[16] …proprio come l’adolescenza.! [1] 1988 J. Pierre Vernant, La morte negli occhi. Figure dell’Altro nell’Antica Grecia, Bologna, Il Mulino. [2] 1996 Umberto Galimberti, Paesaggi dell’Anima, pag 160,ed. Mondatori. [3] 2000, G. Pietropolli Charmet , I nuovi adolescenti-Padri e madri a una sfida. Raffaello Cortina , Milano [4] ibidem [5] Prof. Eugenia Scabini, La Famiglia, le sue trasformazioni socioculturali e le sua prospettive di sviluppo.,Convegno Diocesano, Basilica di San Giovanni in Laterano, 9 giugno 2003.Insieme alla famiglia, costruiamo una società migliore.. [6] Carl Gustav Jung, Ricordi, Sogni, Riflessioni ed BUR 2008 pag 472 [7] U. Galimberti, op. citata , pag.137 [8] Gustavo Pietropolli Charmet, psicoterapeuta ed esperto di disagio giovanile” Scopriamo la vitalità dell’adolescenza senza farne sempre una malattia”. Articolo, pubblicato su Repubblica del 23 ottobre 2010 [9] 1996 Umberto Galimberti, Paesaggi dell’anima, pag.149, ed . Mondadodori [10] Ibidem, pag.150 [11] Sigmund Freud Tre saggi sulla teoria sessuale, ed Bollati Boringhieri, 1970 [12] Sigmund Freud, Contributi a una discussione sul suicidio (1910) Opere, Boringhieri, Torino, 1974 [13] Op. citata, Pietropolli Charmet, articolo uscito su Repubblica [14] “2005 ,Michael Foucault, Nascita della biopolitica, Corso al College de France (1978-1979) ed. Feltrinelli [15] G. Pietropolli Charmet, Repubblica op.citata. [16], Claude Levi Strauss, Il crudo e il cotto, Il Saggiatore, Milano,
|