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Alcune letture,spigolando quà e là ,consigliate, a chi , con passione estetica, si dedica all'ascolto  per prendersi cura

Miguel Benasayag, Gerard Schmit, L' epoca delle passioni tristi, Saggi , Universale Economica Feltrinelii, 2007, euro 7,50

 

Questo libro, il cui titolo, introduce significativamente il tema trattato, è stato scritto da   due psichiatri, entrambi psicanalisti, di cui uno Gerard Schmit,  terapeuta familiare. Essi muovendo dalla loro personale esperienza di psichiatri, che operano nel mondo dell'infanzia e dell'adolescenza, di cui raccolgono per contenerla e non sempre per risolverla , almeno secondo i dettami classici della cura,la sofferenza psichica  , si interrogano sul perchè la richiesta di cura aumenti in maniera esponenziale considerato l'invio di dolenti esistenze di centinaia di bambini e di giovani. da parte dei servizi, delle scuole, dei quartieri, delle famiglie.

Testualmente dicono i due autori"I nostri servizi sono così diventati, un pò alla volta, una specie di imbuto in cui si riversa la tristezza diffusa che caratterizza la società contemporanea". Così viviamo un tempo dilatato, un tempo di crisi, un' epoca dominata da quelle che Spinoza definiva le passioni tristi , alludendo con questa espressione riferirsi non alla tristezza del pianto, bensì a un sentimento di impotenza, di disgregazione, che significa perdita di un orizzonte di senso a cui ancorare le nostre esistenze..Sì, proprio le nostre esistenze,, in una società che ha prodotto una specie di ideologia della crisi,, che ha vanificato  la continuità di una cultura, che significava riproduzione e trasmissione dei suoi miti fondanti . Ci troviamo invece a dover fronteggiare  una violenza quotidiana , alla quale assistiamo , impotenti, e che  sembra alludere costantemente ad una vita in costante stato di emergenza:. :il mondo, in particolare, in una situazione siffatta, per i giovani diventa incomprensibile.

 Non deve stupire, il fatto che essi, i giovani si rifugino nei videogiochi , in una sorta di autismo informatico, attraverso  cui  pensano di padroneggiare, in un delirio di onnipotenza, battaglie contro nulla , su sentieri che non conducono da nessuna parte, perchè privi di un orizzonte di senso. "Se tutto sembra possibile, allora più niente è reale."Nella stragrande maggioranza , educatori, insegnanti, genitori , sembrano aver dimenticato  la motivazione all'apprendimento nasce dal desiderio di imparare e di comprendere.Freud aveva detto che l'accesso alla cultura è consentito attraverso la sublimazione della libido

. Ciò avveniva , attraverso una negoziazione da parte del bambino di una parte della sua libido, del suo desiderio, passando da una posizione autoreferente , la cosiddetta libido narcisistica ad una libido oggettuale, come interesse ed attenzione rivolte al mondo esterno. Questo passaggio segnava lo sviluppo della pulsione epistemofilica ed indicava la nascita del desiderio di apprendere ,conoscere gli oggetti del mondo per abitarlo.Infatti il desiderio costituisce il fondamento dell'apprendimento e non solo di quello scolastico,che può essere utile al bambino, che se ne può servire nella quotidianità, non certo solo in senso utilitaristico, perchè l'educazione non si riduce ad una modalità di impiego della vita, perchè è il desiderio di cultura che crea legami, relazioni con gli altri

.Ed è proprio nel contesto del prendersi cura, che tutto ciò assume una particolare valenza, in cui il terapeuta non deve perseguire una mitica guarigione, della persona  riconoscibile solo attraverso un  etichetta che ne fa un paziente, bensì guardare alla medesima,  attraverso i  suoi legami, con gli altri in quello  spazio della fragilità, quello della situazione, dal quale dipendiamo tutti, perchè la persona non è un , un caso, una diagnosi, rispetto alla quale dobbiamo intervenire per liberarla  dai suoi sintomi, bensì  un essere umano da aiutare a  scoprire e  a sviluppare le mille e una potenzialità che , senza saperlo possiede: come diceva Spinoza nella sua Etica "non si sa mai di che cosa è capace un corpo" .Questa è un esortazione  rivolta a tutti e a chi in particolare professionalmente è chiamato a compiti di cura, ai quali si deve accostare, prima di tutto ,con un modo di essere, al di la , di diagnosi psicopatologiche,( in ossequio al Manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali), e procedure terapeutiche.

 

Paul Watzlawick , Guardarsi dentro rende ciechi, Ed Ponte alle Grazie , Milano 2007, collana diretta da Giorgio Nardone,Euro 16,80

 

  Paul Watzlawick  è uno dei fondatori della famosa Scuola di Palo Alto, insieme a Gregory Bateson, John Weakland , Jay Haley e Don Jackson autore di uno dei libri più noti e cioè "La Pragmatica della comunicazione umana" , esponente di spicco della teoria della comunicazione , delle teorie del cambiamento, fuori dai canoni classici. In questa  raccolta di scritti , egli con uno stile ironico, affascinante , incisivo ci conduce verso  itinerari inconsueti , eversivi, rispetto alle correnti classiche della psicoterapia, tradizionalmente depositarie  di  una vecchia ipotesi psicodinamica  e cioè che la presa di coscienza dei problemi , ha il potere di farci guarire. dal malessere...Resta celebre la sua battuta. "il paziente fa la pipì a letto, ora sa perchè..ma fa la pipì a letto.

 Invece il Nostro,, attraverso un suo percorso di ricerca sul campo , ci dice,che l'insight, fondata sull'idea di una  causalità lineare e unidirezionale che collega presente e passato, secondo le categorie causali,(il presente è causato dal  passato) punto di incontro di molte correnti classiche della psicoterapia, seppure di diverso indirizzo, che dovrebbe in quanto presa di coscienza, illuminazione sulle cause dei problemi che affliggono molto pazienti, farli guarire, in  realtà è solo un concetto, direbbe Popper, non falsificabile,, ed assolutamente opinabile.

Infatti esso è un concetto che il filosofo Karl Popper avrebbe considerato non falsificabile , in quanto ipotesi la cui certezza è dimostrata sia dal suo successo che dal suo fallimento e cioè: se i problemi del paziente diminuiscono o addirittura si risolvono del tutto , in seguito all'insight, si prova la correttezza di questo tipo di approccio;viceversa ,se il paziente non migliora, si riterrà, che la ricerca delle cause nel passato non è stata condotta sufficientemente in profondità.(una vera e propria antinomia!)

Così, attraverso una paralogia, l'ipotesi resta comunque valida, ma certo siamo nel puro campo dell'opinabile!. Watzlawick , propone , invece, attraverso aneddoti e metafore, che ritengo raggiungano in pieno l'emisfero destro, quello psicotico, per intenderci, un alternativa ad inutili e tormentosi processi introspettivi (che servono solo a renderci appunto ciechi  del tipo, come dice Robert Ardrey "Mentre perseguiamo l'irraggingibile, rendiamo impossibile l'attuabile") che non portano da nessuna parte, se non a cronicizzare la sofferenza e il malessere di vivere, che è quella di operare sui disturbi del presente(l'inconscio eventualmente lavora da solo!..), utilizzando il linguaggio empatico, l'ascolto, che solo induce alla persuasione e al cambiamento e soprattutto da fiducia a chi vive situazioni di disagio(approccio sistemico e  terapia breve)

Fra l'altro egli osserva  coun una battuta da lui stesso definita eretica,,( forse diretta a chi ancora crede nelle magie dell'insight,) di non essersi mai imbattuto nè nella sua vita personale, nonostante tre anni e mezzo di analisi in formazione , nè nella sua successiva attività di analista junghiano, nè infine nelle vite dei suoi pazienti , "in questo magico effetto dell'insight".

Un libro da leggere,arguto, colto, divertente, nienteaffatto barboso, anzi  dotato di un potere estetico magicamente coinvolgente.

Lo apprezzerà  chi è dotato di un pensiero trasgressivo , innamorato della battuta e del paradosso ed  è soprattutto critico verso le logiche della causalità lineare, che appartiene appunto a un ordine logico, volto  spesso a farci dimenticare che il linguaggio non è la realta!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Robert U. Akeret LUOMO CHE SI INNAMORO' DI UN ORSO BIANCO Il viaggio di uno psicanalista in cerca dei suoi pazienti più memorabili Nuova

Pratiche , Milano, 1988, Euro 14,46

Una storia emblematica , anche perchè autobiografica,  quella di uno psicanalista che dopo 35 anni di attività, si interroga sull'efficacia del suo metodo, andando alla ricerca, dei suoi pazienti più difficili,  più a rischio, attraverso un viaggio, che è anche simbolico in quanto discesa agli inferi,  per  sapere "se la terapia ha realmente aiutato i miei pazienti a condurre vite migliori, qualunque cosa ciò significhii ".Gli interrogativi sono tanti : l'incontro con i pazienti, ha  veramente cambiato le loro vite , aiutandoli a trovare loro quello che cercavano? La vita per loro è stata più dolce e più piena , di quello che sarebbe stata se non ci fosse stato l'incontro terapeutico?Un viaggio affascinante, ricco di interrogativi inquietanti,  che fanno dire ad Akeret , che nel bene e nel male egli ha sempre considerato la psicoterapia più come arte che come scienza  e lui stesso come un terapeuta lirico, che un teorico dottrinario.Tre  pazienti fra quelli  incontrati riferiranno di non essersi avvantaggiati di una cura perfetta , però affermeranno, nonostante non abbiano vissuto in maniera del tutto felice dopo, di essersi sentiti meglio in generale , in seguito alla terapia.

Gli altri due pazienti, sono quelli che pongono gli interrogativi più inquietanti, che fanno chiedere al nostro terapeuta , se Fromm ha ragione quando afferma che la psicoanalisi dovrebbe essere concepita come uno strumento di autocomprensione , uno strumento che insegni l'arte di vivere. Ma l'autocomprensione non è garanzia  di guarigione  e tanto meno di cambiamento dei propri schemi autodistruttivi.

Che significa per un paziente come Sasha , che è riuscito  attraverso la terapia a  a creare arte ,a diventare scrittore di successo,quindi a perseguire il suo obiettivo terapeutico ,ma che ama così poco la vita che la sacrificherebbe per trarne un buon libro,  migliorare?Il  significato che ha  per lui  migliorare, coincide il significato che vi attribuisce il terapeuta?tCarl Rogers diceva giustamente"è una filosofia pericolosa presumere il diritto di essere giudice autonominato di ciò che è meglio per qualcun altro". Il dottor Szasz , lo ha detto con estrema chiarezza "La terapia è come la religione :ci dovrebbe essere libera scelta". Se si permette, però ai pazienti di scegliere il loro obiettivo terapeutico, quando saranno pronti per tale scelta ,al culmine della depressione o nel massimo picco della mania?.Milton Erickson ad un suo paziente che era convinto di essere di essere Gesù Cristo, per esempio, gli trovò un posto di falegname , favorendone l'autorealizzazione, non giudicando il paziente, nè tanto meno,scegliendo per lui  l'obiettivo terapeutico. Il libro è veramente affascinante, profondo, coraggioso perchè più ricco  di interrogativi che di risposte, come tali, atti  a farci ritenere  sempre più, che la terapia "Forse funziona solo quando funziona". e che ha ragione Frederick Crews secondo cui  la terapia, in particolare quella ad orientamento psicanalitico ,"sembra fornire più convertiti che curati"?

 

 

 

Gian Piero Quaglino, Augusto Romano, A spasso con Jung, ed Raffello Cortina , 2005, Euro 11,50

Un testo  di circa 160 pagine , scritto, da due psicologi , che si autodefiniscono , nell'introduzione, appassionati lettori di testi junghiani, ricco di riflessioni, aforismi, volti a  mettere in rilievo attraverso un percorso rapsodico, gli idoli, i falsi miti, le follie , dell'uomo contemporaneo : Jung precorrendo i tempi, li aveva visti con l'intuito, che solo appartiene al genio. Gli autori osservano in proposito  di aver voluto soprattutto  segnalare  quegli aspetti del pensiero junghiano, adatti   a meglio  diagnosticare ,appunto, idola, falsi miti, tic, derive dell'uomo perso nella modernità , riportandoli in  quelle costanti dell'immaginazione che sono i motivi archetipici e nel proporne  una spesso impietosa terapia. Il perchè della scelta di alcune frasi piuttosto che di altre? Gli autori la riferiscono in buona parte al gusto e alle predilezioni personali e ad un criterio suppletivo diretto a scegliere, fra i tanti testi junghiani ,quelli che nella incisività breve delle frasi, si adattano a commentare aspirazioni, fantasie, timori che come fantasmi si aggirano nel mondo contemporaneo. Il taglio dato a questo lavoro?Non certo quello dell'interpretazione autentica diretta a rincorrere  un mitico significato originario, la cosa in sè, nè tanto meno quella , che  i due autori  definiscono un po alcolica delle libere associazioni, dando luogo ad una deriva decostruzionista.Tentativi  entrambi troppo ambiziosi, perchè il primo attribuisce  all'interprete doti demiurgiche, il secondo, lo  autonomina protagonista assoluto, reificando l'autore. Gli autori hanno scelto, invece, una terza via , immaginifica ,creativa , quella diretta ad illustrare il testo in maniera trasversale , dialetticamente intrecciata con altri testi di filosofi, romanzieri, poeti, pazienti, proprio in conformità all'idea junghiana che il significato si arricchisce nella relazione. Quest'operazione  fatta utilizzando l'analogia e il confronto, senza mai tradire l'intelligenza del testo. Lo Jung  antologizzato  è quello aforistico che fa parte della grande tradizione dei grandi moralisti dell'area germanica , da Lichtenberg a Nietzsche, a Adorno, sempre consapevole della falsificabilità di ogni posizione ed ogni proposizione, che parla del l mondo riuscendo ad evitare i pericoli contrapposti dell'ingenuità e del cinismo.E' lo Jung che all'epilogo della vita scrive" L'inatteso e l'inaudito appartengono a questo mondo.Solo allora la vita è completa. Per me , fin dal principio, il mondo è stato infinito e inafferrabile." Ed ancora  il teorico della paradossale coincidentia oppositorum che diceva " Solo il paradosso è capace di abbracciare, anche se soltanto approssimativamente la pienezza della vita"  come "Jekyll e Hyde  che rappresentano una totalità malata , che non accetta la propria costitutiva paradossalità".  Un libro magico, la cui fascinazione sta proprio in quell'idea del significato che si arricchisce nella relazione, di cui ho gia detto, (a me perlomeno  è accaduto questo)  attraverso un processo abduttivo, del tipo " pensieri che generano altri pensieri,"  facendosi trasportare dal pensiero vago ,(di batesoniana memoria)inintenzionale, aleatorio , esteticamente diretto verso territori sconosciuti ,ed inconsueti. Buona Lettura! 

Da non perdere

Umberto Galimberti, L'ospite inquietante, ed Bianca Feltrinelli, euro 12

Nitetzsche chiama il nichilismo"il più inquietante(unheimlich) fra tutti gli ospiti" perchè ciò che esso vuole è lo spaesamento(Heimtatlosigkeit) come tale. Per questo non serve a niente metterlo alla porta, perchè ovunque, già da tempo e in modo invisibile, esso si aggira per la casa. Ciò che occorre è accorgersi di quest'ospite e guardarlo bene in faccia."

M. Heidegger, La questione dell'essere(Sopra la linea) (1955-1956), pag 337

Il saggio si apre con  l'incipit del  pensiero di Heidegger che ho volutamente riportato e che introduce in maniera mirabile il tema del  nichilismo, l'ospite inquietante , che pervade la vita dei giovani e che già Nietzesche aveva ben delineato oltre cento anni fa , allorquando aveva visto con la fine della metafisica e del cristianesimo culminato con l'annuncio della morte di Dio anche la crisi di tutti i valori..."L'uomo moderno crede sperimentalmente ora a questo ora a quel valore, per poi lasciarlo cadere."(F.Nietzsche, Frammenti postumi 1887-1888, cit, fr.11(119), pag 126). Gli adulti significativi  e cioè famiglie e insegnanti, che sono deputati all'educazione sentimentale dei giovani ,sembrano non sapere frenare  quell'analfabetismo emotivo, su cui si fondano le innumerevoli nefandezze cui assistiamo ogni giorno e su cui ci notizionano puntualmente i mass-media.

Pare, che l'Italia per nefandezze, tra i paesi industializzati, occupi il secondo posto, dopo gli Stati Uniti. Il disagio, il malessere di vivere in una prospettiva siffata non è più psicologico, ma culturale.E gli adulti  come rispondono al disagio dei giovani? Essi, quando il disagio diventa intollerabile e soprattutto ingestibile, privi come sono, a loro volta, di adeguati strumenti  educativi ,oscillano tra la coercizione dura che può avere senso quando le promesse del futuro sono garantite- e la seduzione di tipo commerciale di cui la cultura consumistica che si va diffondendo è un invito. Così i giovani privi del supporto di quegli  adulti signigìficativi ,che dovrebbero farsi garanti delle vite, dalla "famiglia, dove i giovanissimi trascorrono il loro tempo in quella tranquilla solitudine con le chiavi di casa e la televisione come baby sitter...alla scuola quando ,sotto gli occhi molto spesso appannati dei loro professori, ascoltano paroile inincidenti, che fanno riferimento a una cultura troppo lontana da ciò che la televisione ha loro offerto come base di reazione emozionale"( pag46)stanno male  e non per le crisi esistenziali  tipiche di quel ciclo vitale che li attraversa e cioè la giovinezza , ma perchè un ospite inquietante,  il nichilismo, si è impadronito di loro.  Nichilismo, come dice Nietzsche significa "che i valori supremi perdono ogni valore" appannando ogni orizzonte di senso. Un orizzonte di  senso, però , afferma Galimberti, che non consiste in sua ricerca esasperata, come vuole la tradizione giudaico cristiana , ma nel riconoscimento del proprio daìmon , che quando riesce ad esprimersi  consente di raggiungere 'quella felicità, che i greci chiamavano eu-damonia .

Non a caso i Greci ritenevano che  l'arte di vivere (téchne tou bìou) consistesse nel  riconoscere le proprie capacità(gnothi seautòn, conosci te stesso) e nell'esplicitarle e vederle fiorire secondo misura(katà métron).Ad avviso di Galimberti, l'ospite inquietante può ancora essere messo alla porta, purchè si riesca ad  operare una metanoia, (letteralmente cambiare mente)cioè un cambiamento radicale di prospettiva, attraverso cui  insegnare  ai giovani, non mediante  la cultura cristiana ma  tramite quella greca a provare la curiosità di scoprire se stessi: solo così, si  potrebbe aprire  loro  un orizzonte di vita verso quella espansione di sè  a cui li destina naturalmente la giovinezza e la sua potenza creativa. 

 

IRVIN D: YALOM, La cura Schopenauer, ed NERI POZZA , euro 18.OO

La giocondità e il coraggio di fronte alla vita propri della gioventù, dipendono in parte dal fatto che noi, salendo la montagna, non vediamo la morte che sta ai piedi del monte, dall'altra parte.

Artur Schopenhauer Parerga e paralipomena- Aforismi sulla suggezza della vita

 Il tema lo introduce l'aforisma di Schopenhauer( pag 205) che rappresenta con una immagine icastica la vita sempre sottesa tra la gioia di vivere da cui siamo abitati durante la giovinezza e il nostro essere per la morte, quella morte  che non vediamo perchè sta ai piedi del monte, dall'altra parte. 

Lo definerei un romanzo saggio (lo stesso autore lo definisce bizzarra amalgama di narrativa , biografia psicologica e pedagogia della psicoterapia, anzi  dice che l'idea  della biblioterapia, - ovvero della possibilità di curarsi attraverso la lettura dell'intero corpus filosofico schopenhaueriano- gli è venuta dal libro di Bryan Magee, The Confessions of a Philopher A Personal Journey through Western Philosophybfrom Plato of Popper)scritto da Yalom, che svolge il suo lavoro di psichiatra a Palo Alto in California, certamente appassionato lettore di Schopenauer. La vicenda, che egli ci narra nel suo romanzo ,riguarda Julius Hertzfeld anch'egli psichiatra a cui improvvisamente viene  diagnosticata una malattia incurabile, che lo porterà nel giro di un anno alla morte. Come trascorrere quest'ultimo anno di vita ? Come insegna Nietzsche consumando la propria vita e morire al momento giusto? Il nostro psichiatra decide di continuarte la sua attività di terapeuta, anzi cercherà di dedicarsi con maggiore impegno alla terapia di gruppo , per ridestare nei suoi pazienti l'amore per la vita.

Si ricorda del più ostico dei suoi pazienti, un certo Philip Slate, ossessionato dal sesso, al punto che di se stesso diceva "con il tempo che ho sprecato dando la caccia alle donne avrei potuto prendere un dottorato in filosofia, cinese mandarino e astrofisica,". Detto soggeto definito schizoide da Julius e  curato  circa vent'anni prima  aveva mollato la terapia bruscamente senza una parola, ma egli decide di di ricontattarlo, così, scopre non solo che è guarito, come, glielo dirà dopo, e che fa lui stesso il terapeuta. Una conversazione difficile tra i due sul filo dei ricordi e sul filo di  una curiosa inversione di ruoli, in cui Julius chiede implicitanmente  aiuto all'altro, al suo ex paziente, Philip , che  ha capito  la richiesta , per quanto sotterranea, al punto che glielo dice e contestualmente gli chiede anzi, di essere il suo supervisore, nonostante  la terapia  sia stata un colossale fallimento.

Precisa, però  ( credo che ciò sia  irrefutabilmente vero) che"uno può essere un terapeuta e un supervisore competente anche se fallisce con un particolare paziente. La ricerca dimostra che la terapia, indipendentemente da chi la conduca, è un insuccesso per un terzo dei pazienti". Detta  richiesta, per quanto strana, è motivata dal fatto che Philip  ha bisogno di duecento ore di supervisione professionale, quindi consigli esperti per i suoi pazienti, infatti, pur potendo continuare il suo lavoro come filosofo clinico(siamo in America, dove non ci sono gli Ordini professionali) gli serve la licenza di consulente, per mettersi sul mercato in maniera più efficace. In cambio, egli farà da guida al suo ex terapeuta, con Schopenhauer , perchè lui stesso ha scoperto una terapia Schopenhauer, una cura che viene proprio dal filosofo tedesco...(autore , non a caso, di un testo autobiografico - A me stesso- in cui egli illustra tutte le strategie di autoterapia che lo aiutarono a amantenersi a galla psicologicamente ) in questo caso, una terapia per Julius, per congedarsi dal mondo, in maniera meno disperata possibile, un aiuto terapeutico......in altri termini a morire.

Il romanzo -saggio si snoda attraverso un'intreccio magico tra percorso terapeutico ....schopenhaueriano, stralci biografici attinenti il filosofo tedesco, ii suo pensiero e  i suoi aforismi  che costellano in maniera veramente affascinante il libro, soprattutto per chi ama quest'autore e la sua   pena di vivere così, (già a  diciotto anni aveva detto " Questo mondo dovrebbe averlo fatto un Dio ? No. Piuttosto un demonio.") che alla fine scopriamo che riguarda tutti noi , che come Juilius, all'epilogo della vita, abbiamo bisogno  di qualcuno che ci ama  e che prendendoci per mano ci aiuta ad affrontare il viaggio,  verso la morte , "dall'altra parte" perchè spesso solo alla fine della nosta esistenza ci accorgiamo che "La giocondità e il coraggio di fronte alla vita propri della gioventù, dipendono in parte dal fatto che noi, salendo la montagna, non vediamo la morte che sta ai piedi del monte, dall'altra parte."

 

                                               Paul Watzlawick, Il linguaggio del cambiamento ed  Economica Feltrinelli  2004  euro 8,00

                                               Non le cose stesse ci disturbano , bensì le opinioni che noi abbiamo  delle cose                                   

                                                                                                                                               Epitteto

Il linguaggio del cambiamento è un saggio che può essere ritenuto una prosecuzione dei temi già affrontati da  Watzlawick in Change , con il suo solito stile ironico, colto , brillante, senza mai essere pedante o noioso. L'autore già nell'introduzione definisce con estrema chiarezza la natura quasi inafferrabile cha attiene la lingua della comunicazione psiocoterapeutica, le cui caratteristiche erano già note agli antichi maestri di retorica., insieme ad altre particolarità che costituiscono oggetto di studio nei campi più disparati della vita e dell'esperienza umana , testualmente- l'infanzia, la poesia, lo scherzo, il sogno l'estasi, l'esaltazione e la follia .

Già nel suo splendido saggio  Change, Watzlawick aveva osservato molto acutamente  che per quanto taluni criticano la natura insincera,  manipolativa dell' approccio terapeutico  ai problemi umani, essa è inevitabile anche perchè  nessuno sa come si fa a renderla inoperante.. D'altro canto come si fa ad immaginare come un comportamento qualunque che avviene in presenza di un'altra persona  possa evitare di essere una comunicazione del proprio punto di vista sulla natura della propria relazione con quella persona e come si possa evitare di influenzare tale persona. L'analista che ascolta silenziosamente il paziente disteso sul divano o il terapeuta non direttivo che si limita a ripetere le espressioni verbali del suo cliente esercitano un enorme influenza proprio con quel comportamento , soprattutto perche muovono dall'idea che tale comportamneto non eserciti alcuna influenza .

Allora il problema va posto in altri termini e cioè non come si può evitare di influenzare e di manipolare il paziente , ma come tali interventi vanno usati nell'interesse e a tutela del paziente.

Ritornando al nostro discorso e cioè l'importanza del  linguaggio in psicoterapia,  non come  semplice mezzo di espressione ma come mezzo di persuasione, usato nell'interesse del paziente, vediamo di definirne meglio il senso.

La comunicazione, com'è noto, ma non sempre lo è forse, costituisce una conditio sine qua non dell'esistenza umana. Un curioso episodio narrato da Fra Salimbene da Parma cronista di Federico II, riportato nel saggio, però ,credo ci faccia comprendere molto bene la portata di detta asserzione.L'episodio di che trattasi riguarda  un esperimento ordinato dall'imperatore Federico , con cui egli voleva trovare una risposta alla domanda su quale sia la naturale lingua originaria dell'uomo.. Con questa finalità, egli fece allevare un certo numero di neonati da balie che dovevono prendersi cura dei bambini adempiendo solo ai loro bisogni primari, ma non avrebbero mai dovuto usare in loro presenza il linguaggio.Con questo vuoto linguistico, Federico voleva capire se i bambini avrebbero cominciato spontaneamente a parlare greco, latino o ebraico. "Fatica vana, perchè i fanciulli morirono tutti". Renè Spitz sette secoli più tardi con i suoi studi sul marasma e l'ospedalismo fornì la moderna spiegazione del catastrofico risultato dell'imperiale escurso nella psicolinguistica.

E'stato dimostrato che emozioni, rappresentazioni del mondo e aspettative nel contesto di processi comunicativi esercitati da altre persone e diretti ad influenzare l'altro, possono distruggere o salvare la vita.Come non pensare alla morte Voodoo o ai successi ottenuti dai guaritori, senza riflettere sul fatto che esiste un linguaggio che produce tali effetti. Ciò significa c che le comunicazioni di tipo ormonale, neurologico, metabolico che avvengono all'interno del nostro organismo possono essere guidate azionate e perchè no anche determinate attraverso una comunicazione dall'esterno.

 Nel contesto psicoterapeutico alla luce di quanto detto, se la realtà è il risultato della nostra rappresentazione del mondo che produce in questo caso dolore, (la richiesta di cura non può non alludere ad uno stao di sofferenza )gli interventi linguistici devono essere diretti a ridefinirne il senso, anche quando tutto appare immodificabile.Come diceva Nietzsche , chi ha un perchè per vivere sopporta quasi ogni come. Un libro quindi che ci insegna la grammatica del cambiamento attraverso ristrutturazioni, paradossi, giochi verbali, prescrizioni, agiti, per raggiungere sopratutto il nostro emisfero destro , quello psicotico , emotivo, quello del processo primario. 

Per cambiare la realtà apparentemente immutabile del paziente , bisogna sapere prima che cosa deve essere cambiato , comprendere cioè l'immagine del mondo dell'interessato , poi capire come si può ottenere questa trasformazione, non certo sul perchè, altrimenti finiremmo per cadere nelle maglie dell'approccio esplicativo diretto ad accertare le cause, tipico della psicologia del profondo. Da queste premesse discende  che la lingua da utilizzare è quella dell'emisfero destro attraverso cui si esprime l'immagine del  mondo ed essa è perciò anche la chiave dell'essere nel mondo e del soffrire del mondo di un uomo.

Muovendo, dalla comprensione del linguaggio tipico dell'emisfero destro del paziente, si troverà la strada maestra  che porterà al cambiamento terapeutico.La tecnica  utilizzata per perseguire questo scopo sarà rappresentata  da diversi gradi di commistione che riguardano l'uso di forme linguistiche tipiche dell'emisfero destro, il blocco dell'emisfero sinistro, prescrizioni comportamentali mirate. Queste tre possibilità rappresentate con grande fascinazione e competenza , occupano ampi spazi discorsivi nell'economia del saggio , e richiedono per la loro complessità un'impegno che coinvolge proprio l'emisfero destro , quello psicotico, per intenderci, di un  lettore  appunto interessato ed appassionato che potrà trarre spunti di riflessione non certo banale, se non altro  per apportare alcune perturbazioni sulla sua visione del mondo, soprattutto se ritiene che quella attuale non è poi così soddisfacente.....

 

 

 

Carl A. Whitaker, CONSIDERAZIONI NOTTURNE DI UN TERAPEUTA della FAMIGLIA, ed Astrolabio 1990

...."io non ho dubbi che la pazzia sia un evento a due e che anche il suicidio sia un fenomeno che coinvolge due persone. Probabilmente in tutti i suicidi c'è bisogno di una persona che vuole essere morta e di un altra che la vuole morta. La somma dei loro stati emotivi porta quindi alla graduale e improvvisa esperienza suicida"(pag 89)

 

Il tema autobiografico accompagna  in tutto il suo declinarsi il tema psicoterapeutico, l'essere terapeuta di Wtihaker , che come dice Camillo Loriedo nella prefazione, non è altro dalla persona del terapeuta : una non dichiarata, ma non per questo meno significativa risposta clinica alle elaborazioni attuali sulla cibernetca dell'osservatore, ricorsivamente connesso al sistema osservato. Infatti , solo " riconoscendo i propri problemi il terapeuta si avvicina emotivamente alla famiglia e le offre l'anestesia per il cambiamento". Non a caso le condiderazioni di Whitaker si intrecciano continuamente con le sue vicende personali, riportate anche attraverso l'iconografia dell'album familiare , in cui vediamo declinarsi il diverso atteggiarsi dei ruoli giocati durante la sua esistenza ,all'interno della sua famiglia d'origine come figlio, come fratello ,poi all'interno della famiglia nucleare come marito e come  padre. Un libro affascinante ,ricco di spunti da cui trarrre insegnamento soprattutto attivando l'emisfero destro quello delle emozioni, quello  che ci spinge ad incontrare la nostra parte psicotica , quella che ci consente ad entrare in contatto con le proiezioni del cliente .Così  dice Withaker se il paziente lo viveva  come dotato di qualità materne , egli intuendolo ne interpretava il ruolo,  rinforzando il processo transferale per poi violarlo deliberatamente, come esso violava la sua libertà e il suo spazio personale, in un incessante processo tra appartenenza e individuazione... testualmente"Cercavo di entrare in contatto con la paziente a livello della mia famiglia intrapsichica, per poi distaccarmi da lei e riassumere la mia individualità."(pag 44)
Intuizioni profonde sul  vivere che riguardano tutti noi  e La vita segreta delle ipotesi che sottendono il processo terapeutico di cui una di queste , che spesso non viene presa in considerazione è che tutti noi, nessuno escluso, siamo schizofrenici quando dormiamo". Cos'è la psicoterapia, allora? Una indefinibile e spesso non semeioitizzabile magia,  che si realizza nell'incontro terapeutico al punto che come dice WithaKer ( l'aveva gia detto Spinoza nella sua Etica, circa 400 anni prima, che non si sa mai di cosa è capace il corpo), dopo una psicoterapia possono avvenire cambiamenti fisiologici notevoli :dalla quasi completa guarigione da un 'epilessia ,  alla sparizione di un gigantesco megacolon , fino al superamento di un diabete e al verificarsi di un inspiegabile aumento di due taglie nel cappelo e di due numeri nella misura delle scarpe di un uomo di 45 anni, benchè il dato medico ci dica che la struttura ossea non aumenta dopo il diciottesimo anno d'età.
Riflessioni, silliogismi in erba, paradossi, una maniera di vedere e di essere al mondo anticonvenzionale  come persona e come terapeuta che vede nel processo terapeutico "lo sforzo finale che il terapeuta professionista compie per diventare attore non per fare una recita, ma per entrare sempre più in una parte, per avere un potere creativo sempre maggiore , una libertà sempre più grande di vivere fino in fondo il suo tentativo programmato di essere un buon genitore affidatario e non un padre adottivo o un illusorio agente di cambiamento"(pag 213)
 
 
 
 

 

Anne Ancelin Schutzenberger, La sindrome degli antenati, Ed. Di Renzo,2005 Euro 12,00

 

La domanda che pongo ai ricercatori italiani, rileggendo questo testo, è se il genosociogramma possa essere utile strumento di prevenzione, o persino di terapia, del disturbo oncologico, sempre più diffuso ai nostri giorni.

                                                                                                                         Dalla Prefazione del prof.   Maurizio Gasseau -Facoltà di-                                                                                                                                             Psicologia-Università di Torino (pag 11)

 Un libro particolare, complesso, forse per iniziati, forse, per chi ha già compreso , sentito, come dice Anne Ancelin Schutzenberger che "siamo meno liberi di quanto crediamo". perchè un filo sottile ci lega alle generazioni che ci hanno preceduto, creandoci a volte sofferenza, disagio, malattia, morte, costringendoci a vite altre e non alle nostre ,  bensì a quelle dei nostri genitori o dei nostri nonni, o di un fratello morto, che noi rimpiazziamo , consapevolmente o a nostra insaputa. Ma cerchiamo di approfondire meglio questo concetto di libertà appena introdotto, e di esplicitarne il senso attraverso  le analisi colte e affascinanti  che ne fa l'autrice.

 Anne Ancelin Schutzenberger docente universitaria,-psicodrammatista-formatrice T.E.P. e analista di gruppo, con oltre quarant'anni di esperienza  ci parla in questo libro del  suo approccio psicogenealogico alla psicoterapia, attraverso esempi clinici che hanno richiesto la ricostruzione di un geniosociogramma , retrocedendo addrittira di due secoli.

A questo punto si rende necessaria una premessa, fatta dalla stessa autrice sulla sua filiazione intellettuale e quindi sulla sua epistemologia.  

I riferimenti in tal senso sono   Freud  e la sua scoperta  delll'inconscio, del non espresso, della psiche collettiva   e del fatto che "L'eredità arcaica degli uomini non abbraccia solo disposizioni, ma anche contenuti, tracce mnestiche di ciò che fu vissuto da generazioni precedenti (Freud, L'uomo Mosè e la religione monoteistica, Boringhieri 1979, vol11, pp,419-420). Egli e  non a caso indica la scelta dei nomi dei figli non casuale ma legata al ricordo di persone care..."I loro nomi fecero dei miei figli dei revenants"(Freud, L'interpretazione dei sogni, Boringhieri, 1966, vol 3 p.445) Sempre in tema di riferimenti  la Schutzzenberger ci ricorda che se Jung ha introdotto l' inconscio collettivo, che si trasmette di generazione in generazione, Moreno , (altro suo grande Maestro) ha fondato il co-conscio e il co-inconscio familiare e di gruppo.

Negli anni 60-70, quasi nello stesso periodo, Francoise Dolto, Nicholas Abraham e i loro allievi -come ivan Boszormenyi-Nagy si interrogano sulla trasmissione transgenerazionale dei conflitti non risolti (odi, vendette, rivalità) dei segreti, dei non detti, delle morti premature  e delle scelte professionali. La conoscenza dice testualmente la Schutzenberger,si costruisce per accumulazione finchè una nuova forma emerge, un "punto a capo" direbbe Lacan , che restituisce , unendo molteplici punti del vissuto un senso a tutto. Al di là dei diversi approcci e al di là di ogni vissuto o proiezione del terapeuta è il modo cun cui egli accoglie, ascolta, comprende e osserva il suo cliente  e quindi l'efficacia  terapeutica si gioca sula capacità del primo di entrare in empatia (comunicazione visiva, uditiva o cenestesica secondo il canale che usa il cliente) affinchè il suo inconscio  comunichi con l'inconscio  del secondo. Lo psi, in altri termini, più preparato e più sapiente fallirà se non è in grado di sentire l'altro, ma soprattutto sentirlo nel suo contesto(quello proprio del cliente)

Ma veniamo dopo questa necessaria premesa al  geniosociogramma  e al suo significato all'interno di queste premesse

 Il geniosociogramma è una rappresentazione commentata dell'albero genealogico familiare,  ciò che una famiglia custodisce nella memoria (ben diverso da un albero genealogico basato su dati oggettivi, come nascite morti matrimoni ecc...)che evidenzia la tipologia delle relazioni tra il soggetto , il suo ambiente  e tra i diversi personaggi nel contesto transgenerazionale di in un al di là magico  che con l'aiuto del terapeuta,  già smascherato e in possesso di una comprensione di se stesso , può trasformarsi in  vero e proprio go-between, un intermediario , un traghettatore in grado di  poter fare approdare il suo cliente in un al di quà , per un più salvifico ubi consistam, al riparo di un dolore che sembra non aver mai  fine.  Così  apprendiamo,attraverso la narrazione di casi clinici chi rimpiazza chi nella famiglia e come si fanno le spartizioni, dopo una morte, chi sono i favoriti, e gli sfavoriti, le ingiustizie, le contabilità, le ripetizioni.

Il genosociogramma persegue infine alcuni obiettvi fondamentali quali -parlare della propria vita  confrontando la storia della famiglia nucleare con quella della famiglia d'origine-scoprire la prospettiva transgenerazionale e cercare le proprie radici e la propria identità-evidenziare i processi di trasmissione transgenerazionale, e i fenomeni di ripetizione transgenerazionalecome per esempio "la lealtà familiare invisibile", i segreti  e i miti familiaqri, le sincronicità e le" sindromi da anniversario"-comprendere le conseguenze di un lutto non elaborato e del non detto, la situazioni legate ai figli sostitutivi, gli effetti di un" fantasma "sull'inconscio familiare o di  una "madre morta"-le modalità attraverso cui si è trasmesso uno schema di vita di quella particolare famiglia:chi alleva i bambini di chi, chi riprende il mestiere, la professione, la fuga o la malattia di un altro. Infine il genosociogramma si applica in psicoterapia, nella formazione di professionisti che lavorano nel campo della salute e delle professioni di aiuto.Però, per una più esaustiva comprensione di questo bellissimo libro, bisogna certamente leggerlo!

 

 

 

 

 Sheldon B. Kopp, Se incontri il BUDDHA PER LA STRADA UCCIDILO-Il pellegrinaggio del paziente nella psicoterapia, ed Astrolabio-Ubaldini 1975

"Sia pellegrino che viaggiatore , il discepolo, nel cercare che gli venga insegnata la Verità (o qualcos'altro) impara soltanto che non c'è nulla che nessun altro possa insegnargli. Impara, appena è disposto a rinunciare  a che gli venga insegnato, che sa già come vivere , che ciò è implicito nella sua stessa storia.I l segreto è che non ci sono segreti".

                                                                                                                                       Quarta Parte, pag. 167

                                                                                                          SE INCONTRI IL BUDDHA PER LA STRADA ,UCCIDILO

                      

 

 

Un saggio tra letteratura e psicoterapia , in cui l'una rinvia abduttivamente all'altra  in un gioco di rimandi e di connessioni  che sembra  magicamente invitare il lettore appassionato ad operare  una poiesis , diretta ad altre connessioni creative per guardarsi dentro alla ricerca del proprio sè. Il testo scritto da uno psicoterapeuta , ricco di metafore e di narrazioni tratte da libri sacri e dalla propria esperienza di terapeuta e di persona attraversata dalla sofferenza e dal dolore,  avverte , sempre lui , il lettore motivato ed appassionato, dei pericoli della psicoterapia, se vissuta  come luogo magico ,in cui attraverso l'apprendimento di nuovi dispostivi che solo l'esperto conosce. è possibile superare il dolore , la disperazione , l l'irrazionalità di cui è carica l'esistenza.

Un grave errore di ordine logico questo, derivante dalla confusione tra apprendimento  come esperienza di tipo mentalistico che non produce alcun vero cambiamento , e conoscenza  vera,  operata  con l'ausilio di un  atto ermeneutico di illuminazione interiore (verstehen , l'atto del comprendere come  connessione vissuta dentro di noi)alla quale si può arrivare attraverso   un pellegrinaggio spirituale sorretto dal desiderio di crescita e guidato dal guru occidentale e cioè lo  psichiatra contemporaneo. Ma come?

Non certo usando il terapeuta così come tanti hanno cercato, attraverso i secoli di usare il Libro dei I King , il più antico libro di predizioni., o la Bibbia, credendo di poter trovere  in entrambi, consigli mirati alla soluzione dei loro problemil.

Infatti spesso il paziente psicoterapeutico giunge alla psicoterapia, perche crede che ci sia qualcuno che gli possa insegnare cosa deve fare per essere felice e come deve vivere senza essere pienamente responsabvile della propria vita. Purtroppo, ma per fortuna, sia I King, che la Bibbia che il terapeuta guru sono oracoli imperfetti, però sono fonti inesauribili  di saggezza riguardo l'ambiguità, la paradossalità, l'insolubilità ed anche l'inevitabilità della condizione umana.

Il loro valore, osserva, saggiamente Kopp sta proprio nel presentare una complessa ed insieme semplice simbolicità che ci dice attraverso immagini fisse , e non stereotipate, qual'è il destino eterno dell'uomo e il diverso atteggiarsi del suo essere nel mondo in cui può trovare un suo ubi consistam ,solo approdando alla conoscenza del sè.

 Il cercatore spera di trovare qualcosa di definito , di permanente, di immutabile, a cui ancorarsi, invece , deve comprendere attraverso la sua personale discesa agli inferi "che la vita è proprio così come sembra, cioè un fardello mutevole, ambiguo, effimero, misto". Proprio come afferma il l Libro dei mutamenti "La via di cui si può parlare Non è una via costante;Il Nome che può essere pronunciato Non è un nome costante".

L'aiuto del  guru psichiatra in quanto anch'egli è un uomo può favorire la crescita del  suo paziente nella misura in cui gli sa essere compagno di pellegrinaggio.Egli insegnerà indirettamente attraverso la metafora e la parabola, perchè non dipendenti dal pensiero logico definito dall'ordine legale della ragione, nè dal controllo empirico dei dati percettivi. La metafora stabilisce un contatto diretto , intuiitivo con la situazione rappresentata nei suoi diversi intergiochi polisemici che vanno dal concreto al simbolico.. La verità non libera nessuno. I fatti non mutano gli atteggiamenti. Lo aveva già detto Il mago del Rinascimento Paracelso   che il guru doveva evitare di rivelare "la verità nuda. Egli dovrebbe usare immagini, allegorie, figure, parole mirabili, o altri modi nascosti indiretti". Ed è questa la strada da percorrere, quella del simbolico , della metafora, del comprendere(Verstehen)il cui attraversamento consente al  discepolo del guru psichiatra , di imparare che nessuno può insegnargli nulla ,

in quel momento egli può abbandonare il suo ruolo di discepolo perchè ha imparato, appunto che ha sempre saputo come vivere e che questa conoscenza è stata sempre presente nella sua storia. Il segreto è che non ci sono segreti e quindi "Se incontri il Buddha  per la strada .Uccidilo! Nessun uomo  è più grande di un altro e nessun uomo può essere padrone di un altro uomo. Così il paziente quando si renderà conto di non essere malato e quindi di non aver bisogno di guarire da quella malattia che è la vita.......porrà fine al suo trattamento e quindi alla ricerca dell'isola che non c'è ....di un luogo magico in cui abita un'altro uomo più grande di lui, in grado  di insegnargli il mestiere di vivere.

 

L' intreccio magico tra teatro e psicologia, descritto attraverso l'incanto della parola competente  del  prof. Felice Perussia intervistato da Salvo Pitruzzella. L'intervista quì riportata si trova nel  sito Felice PERUSSIA.it

 

 

 

Riportiamo qui l'intervista a Felice Perussia, pubblicata sul numero 28 della Rivista Catarsi: I teatri delle diversità, a cura di Salvo Pitruzzella.
 
Il colloquio, che ruota attorno ai temi della psicotecnica e del lavoro realizzato nell'ambito del Laboratorio di ricerca e sviluppo, prende spunto dall'uscita di Theatrum Psychotechnicum per realizzare una rapida carrellata su alcuni temi di fondo che caratterizzano questo particolare stile di lavoro.
 
Il breve testo può aiutare a farsi una prima idea, in forma immediata e discorsiva, del lavoro concreto e di alcuni dei modelli di riferimento teorici e storici che stanno alla base dell'intervento di Counseling con le tecniche attive.
 
 
Dallo sciamanesimo a Stanislavskij
Dall'Yddish all'ipnotismo
 
L'incontro tra psicologia e teatro ritualizza ciò che è sempre esistito
 
Intervista con Felice Perussia
a cura di Salvo Pitruzzella
 
 
CATARSI: I TEATRI DELLA DIVERSITA', n.28
 
È un fatto conclamato che nel secolo appena trascorso i legami fra teatro e psicologia sono stati fitti e molteplici.
Molti studiosi e clinici, collocati in punti diversi dello spettro degli orientamenti psicologici hanno fatto ricorso a metafore teatrali per raccontare il funzionamento dell'essere umano, o addirittura utilizzato tecniche drammatiche per favorire processi terapeutici; molti direttori, registi e a pedagoghi teatrali hanno attinto a piene mani, più o meno consapevolmente, nel repertorio delle metafore psicologiche per rinvigorire processi teatrali.
Sono nate delle discipline che programmaticamente si collocano nell'intersezione tra i due ambiti, come lo Psicodramma e la Drammaterapia, nonché numerose pratiche di confine, di cui questa rivista ha costantemente portato testimonianza.
Le tesi di fondo dell'ultimo libro di Felice Perussia, docente di Psicologia della personalità all'Università di Torino, è che quest'incontro tra psicologia e teatro, ampiamente documentato nel testo, spaziando dallo sciamanesimo a Stanislavskij, dal teatro Yiddish all'ipnotismo, non è che la riattualizzazione di qualcosa che è sempre esistita, di un'area in cui i due ambiti non sono sostanzialmente distinguibili, che definisce col termine di Psicotecnica.
Perussia espone la sua tesi seguendo vari fili conduttori, con gran ricchezza di riferimenti - alcuni dei quali rappresentano delle straordinarie riscoperte -, cercando di delineare non tanto un modello teorico inclusivo, quanto uno sfondo integratore, che può aggiungere una consapevolezza storica e culturale di ampio respiro alle varie pratiche di confine.
Abbiamo incontrato il professor Perussia a Busto Arsizio (VA), nell'ambito di un innovativo corso di formazione per insegnanti e con lui abbiamo cercato di seguire alcuni di questi fili.
 
Vorrei iniziare questa conversazione chiedendoti una breve ricognizione sulla parola Psicotecnica, che mi sembra una parola chiave della tua ricerca.
 
Naturalmente, parto dall'etimologia: Psyche e Techné, ricordando che Psyche indica - non marginalmente - tutta una serie di cose, tra cui anche in qualche modo l'anima, ma non tanto.
È la farfalla.
Quando si va a vedere l'iconografia di Psiche, si può notare che quasi sempre viene rappresentata alata.
Quindi può essere vista non solo come anima, ma anche aria - per i Greci l'anima è aria: pneuma; un'aria però non completamente ariosa.
Le ali di Psiche sono ali di farfalla; ali non scheletrate, quindi, come quelle di un uccello, ma impalpabili, qualcosa che fa parte del corpo, leggerissima ma non eterea.
E questo rende bene l'idea dell'anima nel senso della psicologia: una caratteristica dell'essere umano che è impalpabile ma che esiste, non è solo immaginaria.
L'altra cosa è la Techné, che, è bene ricordarlo, per i Greci vuol dire soltanto "arte", e non ha affatto il significato che le attribuiamo noi moderni, di arte che produce oggetti, "artefatti", che danno testimonianza dell'azione dell'uomo.
Quindi oggi si dice " tecnica" intendendo la tecnologia, il modo per produrre e modificare oggetti materiali, mentre in origine è semplicemente arte, quindi la capacità espressiva e reattiva.
Di conseguenza, sommando le due cose, la Psicotecnica è l'arte della mente.
E non dimentichiamo che "mente" deriva da "mentire": è solo attraverso la testa che possiamo mentire, gli animali non mentono.
Quindi la Psicotecnica è l'arte della mente, la produzione creativa che nasce esclusivamente dai contenuti mentali.
Che non produce artefatti, anche se può lasciare tracce, come le tracce lasciate nella neve da un leone di montagna che corre.
Per me la psicologia è esattamente questo.
 
La psicologia ha però sempre tentato di definirsi come scienza più che come arte.
 
Vi sono due anime della psicologia: quella della ricerca, la dimensione scientifica che è il tentativo di oggettivare il mondo; è interessante, però non è molto più di questo esercizio.
Poi c'è la psicologia come azione, che non ha interesse in quella logica scientifica - "scrivere il libro della natura", come dice Galileo - ma desidera esprimere questo libro, che non è della natura ma dei soggetti.
Quindi, la soggettività come elemento determinante di tutta la faccenda.
 
Esiste secondo te una sorta di Psicotecnica per così dire originaria, priva di connotazioni di intenzionalità?
 
Esiste eccome.
Io credo fermamente che sia un'attitudine naturale umana.
Poi la si pratica intenzionalmente, e la si studia, parzialmente, perché il mondo moderno, il mondo produttivo, è essenzialmente mimetico, e non poetico.
Ricordo sempre che la poiesis è il contrario della mimesis, cioè è espulsione dei contenuti interni, psicologicamente parlando; mentre la mimesis è acquisizione del mondo, quindi impressiva, mentre la poiesis è espressiva.
Questa attitudine espressiva è posseduta da tutti, e tutti in qualche modo la sviluppano.
Però, poiché il nostro mondo è costruito sulla mimesis, quindi sull'acquisizione delle cose che il mondo ci propone - né potrebbe essere altrimenti, perché senza tale acquisizione non si può produrre -, ecco che si perde l'abitudine, e questa disposizione non facilita.
Io sono fermamente convinto, come ho scritto nella prefazione al libro di Gigi Dotti, che "bambini si nasce; adulti si diventa (se va male)".
Perché la capacità creativa, poetica, dell'infanzia è straordinaria, e viene solitamente uccisa durante l'adolescenza.
Dopodiché, alcuni riescono a sopravvivere a questo schock, e riescono a mantenere vivi dei frammenti di creatività; questi sono perlopiù soggetti diagnosticati come "isterici".
Altri invece s'intronano completamente e abbandonano la propria creatività, non perché non la mantengano dentro di sé come il fuoco che cova sotto la cenere, ma perché non si autorizzano, non si lasciano essere espressivi.
Allora è necessaria l'acquisizione di una certa modalità, che consiste fondamentalmente nel lasciare che succeda quello che sta succedendo, una cosa molto semplice da dire, molto sottile da fare, perché devi proprio dimenticarti di dare una direzione alle cose.
Questa è una cosa che s'impara dall'esperienza, lavorando con gente in situazioni in cui è possibile esprimersi direttamente.
Sperimentandolo su di sé, s'impara a proporlo agli altri, aiutandoli ad autorizzarsi ad esprimere quello che hanno già dentro.
 
Il compito del terapeuta è quindi autorizzare l'espressione...
 
Chi cura è il paziente.
Paziente è una parola orrenda, se non del suo significato originario, che è "colui che ha un'emozione".
Lo psicologo è semplicemente colui che gli permette di curarsi.
 
Nel tuo libro, tu parli molto di trance. Questo è un tema caro al teatro del Novecento, ed è in generale contrapposto al tema del controllo. Come vedi questa polarità?
 
Dicevo prima che quelli che mantengono un minimo di creatività sono solitamente detti isterici.
L'etimologia che ha attribuito Freud a questo termine è semplicemente ridicola, anche perché in greco il termine uster indicava semplicemente la pancia, maschile o femminile; l'utero è chiamato metra, da cui deriva la parola "madre".
Isteria deriva da Hyster, già secondo Lattanzio, che indica gli abitanti dell'Istria; ovverosia: gli attori.
Le espressioni usate nell'antichità per definire gli attori sono hystrio o hypocrites (che significa: colui che risponde).
Il riferimento all'Istria è nato a Roma per sottolineare che gli attori - tutti gli attori in Roma antica - sono etruschi.
Non dimentichiamo che buona parte di quella che noi consideriamo cultura latina è è in realtà di origine etrusca.
L'arte pantomimica a Roma era etrusca ed era detta o isteria o ipocrisia.
Piano piano, in un percorso che è possibile rintracciare negli autori medievali, queste espressioni sono passate ad indicare la finzione: poiché l'attore finge, allora tutti quelli che fingono sono ipocriti o isterici.
E infine oggi si usa il termine ipocrita per definire una persona che inganna: dice qualcosa - come fa l'attore - che pensa piaccia al pubblico, anche se non la pensa personalmente.
Ipocrita oppure isterico; ma il gioco dell'isterico segue un'altra strada.
 
Che cosa fa in pratica l'attore etrusco?
 
Fa il pantomimo; cioè interpreta da solo tutte le parti.
Fa in scena quello che tutti noi facciamo ogni giorno quando raccontiamo storie.
Siccome gli etruschi non si capiscono, perché spesso non parlano latino o lo parlano male, fanno delle messe in scena in cui il parlato non è centrale.
Quindi la faccenda è soprattutto mimica, diremmo quasi clownesca - quella che poi sarà la Commedia dell'Arte.
In questo quadro, isterico vuol dire semplicemente attore.
La scelta di definire uterina l'isteria è ovviamente - nel caso della psicanalisi il dato è plateale - un modo di limitazione della dimensione femminile.
Non dimentichiamo che Freud discende da una tradizione religiosa, quella ebraica, in cui, come in tutte le religioni monoteiste, la donna è relegata in secondo piano.
Cosa c'è di meglio che attribuire la capacità di esprimere, la disposizione attoriale-isterica al mondo femminile?
Perché un bravo uomo produce, non si esprime.
Nella tradizione scientifica ottocentesca, l'isteria è stata chiamata in molti altri modi: mesmerismo, sonnanbulismo, ipnosi ecc.
Questi termini si riferiscono alla facilitazione di stati di coscienza che sono diversi dalle normali condizioni di veglia.
È interessante a questo punto soffermarsi un attimo su Mesmer, che è stato il primo psicologo scientifico della storia.
La sua attitudine non è né mistica né magica, anche se oggi siamo abituati a intenderlo così: basti pensare che tra i suoi sostenitori c'è Kant, che non era certo un aspirante mago.
Mesmer voleva estendere la teoria della gravitazione universale di Newton ai rapporti interpersonali; ciò che gli psicologi del Novecento hanno continuato a fare, pur chiamandolo in altri modi.
La sua pratica si basava sul "magnetismo animale", che è un'espressione coniata da Galvani; Mesmer è convinto che il fluido che agisce è di natura fisica, quindi utilizza strumenti come conduttori.
Per fare che cosa?
Per evocare delle condizioni che sono assolutamente normali ma che di solito, nella nostra cultura, sono molto inibite; normali nel senso che tutti noi quando sogniamo diventiamo isterici ipnotizzati, solo che lo diventiamo all'interno di noi stessi, non nelle azioni nel mondo esterno.
Attraverso un processo, che di solito è attribuito alla volontà del magnetizzatore, noi possiamo spostare leggermente il confine tra le due condizioni, ed entrare in quello stato detto ipnotico (da hypnos, sonno), partecipando contemporaneamente sia alla veglia sia il sonno.
Una delle caratteristiche tipiche di questa condizione è la concentrazione dell'attenzione in un campo limitato.
In questo campo limitato, si sposta leggermente la soglia tra quello che è cosciente e quello che non lo è, e una serie di elementi, soprattutto emotivi e di memoria connessa con le emozioni, possono emergere in misura maggiore.
Questa è la condizione ipnotica; non dobbiamo pensare all'ipnosi da baraccone, in cui un soggetto è completamente succube dell'ipnotizzatore: la normale condizione ipnotica è molto più leggera, è quella di un soggetto che entra in questa condizione e non se ne accorge nemmeno; è una condizione molto vicina a quella della perfetta veglia.
Allora possiamo dire che tutte le situazioni di psicotecnica, di azioni in cui la persona agisce dentro condizioni che gli permettano di esprimere l'interno, sono di trance, ovvero ipnotiche, solo che lo sono a un livello minimo, di un leggero spostamento della soglia.
Poi si può andare anche più avanti, fino al sonno: la mia esperienza mi dice che non è inusuale che le persone che tendono ad immergersi di più in questo stato, sia tra gli attori sia tra il pubblico, alla fine s'addormentano.
Questo è ciò di cui si occupa la psicologia: produrre stati di trance minima (o massima: dipende dal contesto) che permette di esprimersi.
La differenza tra lo sciamanesimo e la psicologia è che in quest'ultima lo sciamano è il paziente, non lo psicologo.
 
Si possono conciliare sciamanesimo e psicologia?
 
Il problema è il modo cui si è affermata la psicologia del Novecento.
Un secolo fa non c'erano né pazienti nei psicologi; ricordo che negli Stati Uniti l'idea che la psicoterapia sia fatta dagli psicologi è del secondo dopoguerra, non prima.
Freud in America ebbe un grande successo presso gli psichiatri; la maggior parte degli psicologi lo ignorarono.
E lo stesso Freud nei suoi scritti non usa mai il termine psicologo o psicoterapeuta, ma sempre quello di medico.
D'altra parte, nelle definizioni dell'OMS la parola psicoterapia è riservata alla cura della schizofrenia, della depressione profonda, dell'Alzheimer e di poche altre cose; il resto è counseling psicologico.
In conclusione: la medicalizzazione della psicologia è stata una mossa astuta, perché ha permesso di reintrodurre tutta questa tradizione stregonesca, o sciamanica, questa tradizione della mente che costruisce il mondo, come se fosse scientifica.
Freud reintroduce queste correnti ipnotiche e mesmeriste sotto un altro nome per permettere ad esse di esistere, in un certo senso.
Perché contro l'ipnosi e il mesmerismo c'erano dei pregiudizi di tipo scientista, che hanno fatto sì che una buona parte della letteratura su questi argomenti, floridissima dalla fine del Settecento a oggi, sia difficilmente reperibile.
La dimensione sciamanica, la possibilità di fare un viaggio dentro la propria mente, è qualcosa che abbiamo tutti; pensa solo ai momenti che tutti attraversiamo di reverie, di immaginazione poetica.
 
Che cosa facevano in pratica gli ipnotisti del Settecento e dell'Ottocento?
 
Fondamentalmente impersonazione; cioè: facevano teatro.
E questo meccanismo viene usato per recuperare le memorie antiche: Janet, il maestro di Freud, lo fa continuamente.
Stimola lo stato ipnotico, cerca i collegamenti tra le maggiori manifestazioni di disagio e gli episodi connessi con queste manifestazioni, e poi li ri-recita insieme col paziente, con esito positivo.
Non dà prescrizioni, compiti post-ipnotici da eseguire: questa è una versione comportamentista dell'ipnosi.
 
Quindi l'ipnosi riguardava anche l'espansione delle possibilità della persona?
 
Sì.
Non solo rivivere la storia ma reinventarla in modo che funzioni.
Che poi è una costante di tutte le pratiche psicotecniche: non ti limiti a mettere in scena, ma faciliti anche un'evoluzione positiva; un passo avanti, qualunque cosa esso sia.
 
In questo quadro, l'aspetto, tipico del teatro, dell'esporsi, del lasciarsi guardare, che cosa c'entra?
 
C'entra perché in tutte le forme di psicotecnica uno degli obiettivi è farsi guardare da se stesso.
La persona vede se stessa; è come se il faro si spostasse dal fuori al dentro.
La percezione normale e degli stimoli esterni; la percezione poetica è degli stimoli interni.
Quando si dorme si vive di questo, di contenuti interni; quando si è svegli di contenuti esterni.
Questi non sono mai egemonici, ma sempre compresenti.
Nella psicotecnica, la persona si guarda dentro; invece di portare il fuori al dentro, porta il dentro al fuori; prende i suoi contenuti interni, e, diciamo così, li proietta all'esterno, mentre normalmente avviene il contrario.
In realtà chi fa queste cose ha pochissimo di esibizionismo; essendo in uno stato di leggera trance, la sua attenzione è concentrata, è come se il mondo non esistesse.
Giro gli occhi verso l'interno (in-sight, o inner sight), e lascio che l'interno diventi visibile.
Salvo Pitruzzella
 
Salvo Pitruzzella, che ha realizzato l'intervista, si occupa da molti anni di ricerca e sperimentazione teatrale, specialmente in ambito formativo. Conduce gruppi di Drammaterapia, di Psicodramma e di Teatro Creativo sia in campo clinico che in campo socio-educativo. Il suo testo più significativo è Persona e soglia: Fondamenti di drammaterapia, Roma, Armando, 2003 (che è uscito contemporaneamente anche in Inghilterra e negli Stati Uniti, con il titolo Introduction to dramatherapy: Person and threshold, Londo New York: Routledge ). Ha pubblicato anche: Manuale di teatro creativo: 200 tecniche drammatiche da utilizzare in terapia, educazione e teatro sociale (Milano, Angeli, 2004).
CATARSI
TEATRI delle DIVERSITA'
 
 
 
 
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Mappa Cognitiva di Theatrum
 
 
 
Manuale dell'Inventario Italiano dei Valori
 
 
 
ITAPI-G e Itapi-VALORI affrontano il caso delle
Elezioni politiche italiane 2006

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Manuale dell'Inventario Italiano di Personalità
Benvenuti nel sito ufficiale di Felice Perussia, Professore Ordinario di Psicologia Generale (Corso A, laurea triennale) e di Psicotecnica (laurea magistrale) nella Facoltà di Psicologia dell'Università di Torino (di cui è stato Preside alla fondazione), Presidente della Società Italiana di Psicotecnica SIPSICO, Direttore Scientifico del Giornale di Psicologia, del Programma ITAPI e del Laboratorio di Psicotecnica (a Milano). Il sito propone anche materiali realizzati assieme ad alcuni brillanti colleghi del gruppo di lavoro.
 
 
 
 
 
 

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 Gian Piero Quaglino, Augusto Romano, A colazione da Jung, ed Raffaello Cortina, 2006, euro 11,50

                                                                                                                   Non tutto si può e si deve guarire

                                                                                                                         Opere di Carl Gustav Jung vol, 16, pag 259

 

  Un libro splendido, con cui i due autori ci conducono, attraversando il pensiero  profondo e affascinante di Jung , pur  rispettandone,  "il carattere aforistico e paradossale"  e nella rinuncia ad ogni intenzione filologica e teoretica. verso i sentieri di una loro personale lettura, con l'invito  a diventare spunto  per il  lettore appassionato,  per una ri-costruzione di altri e  nuovi sensi

L'ipotetico e ..dico io, dotato lettore, ( nel senso di persona  in possesso di una certa disposizione che lo spinga  a certe letture,  da saper portare a termine, del tipo quindi, ipotizzato da Umberto Eco) dovrà leggere i commenti dei due autori,non come diretti a sostenere questa o quella tesi, ma come uno dei tanti commenti possibili, poichè i vari temi presentano varie ,complesse e  diverse stratificazioni di significato.

Quanto detto, gli autori lo dimostrano con il fatto di riportare alcuni degli stessi aforismi , citati nell'altro libro, "A spasso con Jung, " come per esempio "La vita per compiersi ha bisogno non della perfezione , ma della completezza," però  rivisitato con  ancora un altra chiave di lettura e quindi con un nuovo commento.

Che significa? Significa , che il lettore , e questa è la grande forza di un testo, dovrà farne una rilettura e perchè no, anche una riscrittura personale,, che lo aiuterà a scoprire e "ciò equivale a una sorta di esercizio di meditazione per il quale il commento alla frase diviene un compito salutare, capace di rafforzare le difese dal malessere  che affolla e affanna la nostra contemporaneità, dalle molte banalità scambiate per supreme novità, dalle piccole e grandi sciocchezze(e  brutture ) della modernità"(Introduzione pag. 2)D'altro canto , l'uomo è un eterno ermeneuta, un produttore di senso

Un esercizio ermeneutico , diretto alla poiesis , alla creatività personale , per  cui non è importante ricostruire il senso inteso dall'autore, o per meglio dire in questo caso degli autori,  compreso Jung, ovviamente, quanto apportare nuovi sensi ,rispetto al testo ,considerato.  come già aveva detto  F.D.E. Schleiermacher,  che  l'interpretazione di un testo non è immediatamente evidente per ragioni linguistiche , storiche e psicologiche . e quindi è spesso indecidibile. Ma come si accede al senso?

Gli autori non lo dicono, ma lo lasciano ampiamente intendere, in quanto non si può non intravedere nelle loro parole  la lezione junghiana e non solo , diretta a ricordarci come l'accesso al  senso ci è consentito attraverso l'ordine simbolico che è  quello della comprensione(verstehen) ed è quella forma del conoscere che riguarda le scienze dello spirito, il cui oggetto non è il dato, (come accade nello scienze della natura fondate invece sull'ordine della spiegazione- erklaren, cui presiedono le categorie della ragione) ma il vissuto che "non è un fenomeno dato attraverso i sensi come il riflesso del reale nella conoscenza , ma una connessione vissuta dentro di noi"(Dilthey)

Jung, a proposito del Faust di Goethe , significativamente ,aveva detto ...il valore principale di un opera d'arte non si deve scorgere nel suo sviluppo causale , ma nella sua azione vivente . Svaluteremmo un'opera come il Faust se la considerassimo solo come qualcosa di compiuto;ilFaust è compreso solo se viene inteso come qualcosa in continuo divenire, e da vivere".

Questa connessione cui ci invitano gli autori , che attiene all'ordine simbolico, in quanto  per definizione  in greco sum-ballein allude sia ad ambivalenza ma anche a polivalenza linguistica e quindi a fluttuazione di significati,   richiede quindi l'alchimia di un approccio libero , eversivo, trasgressivo, che spazia attraverso un pensiero vago, non strutturato , un processo in altri termini che si declina  per somiglianze, per associazioni libere, in una parola attraverso l'abduzione,  "come vissuto  dentro di noi".

 L'invito dei   due autori è quindi quello di una trasformazione  diretta a  ri-scrivere questi splendidi aforismi....junghiani ...., divenuti creativamente, per loro spunti per divagazioni non accademiche, suggerite non solo dalla psicologia , ma anche dalla filosofia , dalla letteratura , dalla poesia e dalla quotidianità.

Quanto alla quotidianità gli autori rilevano giustamente il carattere invasivo e pervasivo   delle "invasioni barbariche"  perpetrate dai mass-media ,dirette ad operare una sorta di colonizzazione interiore e di espropriazione del pensiero. di ciascuno di noi , dai quali essi ci invitano a difenderci. Ma come?

 Opponendo  costantemente non solo il potere di un 'agguerrita  metacognizione, ma  praticando, come dicono i due autori ."la distanza, l'ascolto e il non attaccamento. Operare con ostinazione per disinquinare , disintossicare e bonificare i nostri pensieri."

 Un ultima esortazione   "Usi il lettore  questo libretto con metodo e disciplina, facendo valere queste semplici regole come altrettanti passagi o momenti di un esercizio di formazione di sè.......Segue un decalogo di istruzioni per l'uso che ho cercato di sintetizzare con quanto ho già detto , iniziando già in prima persona ad operare per conto mio una ricerca del senso ...Da non perdere.

 

Carl Gustav Jung , Ricordi, Sogni, Riflessioni, Raccolti ed editi da Aniela Jaffè, ed BUR ,Euro 11

 " ll problema è questo, che alla fine della mia vita non mi trovi con le mani vuote."(pag. 375)

Un saggio  che costituisce l'autobiografia  di Jung e in cui troviamo l'introduzione a tutti i temi che egli svilupperà nelle sue opere.Nell'incipit dell'Introduzione leggiamo  un pensiero di Coleridge che si attaglia perfettamente a questo splendido testo,che val la pena di riportare per la icasticità con cui sembra rappesentare l'io osservatore di Jung che scruta se stesso con tormento ,ma anche con grande lucidità e profondita , per esplorare e guardare nei recessi più profondi della sua anima.  "Esplorò la sua anima con un telescopio. E tutto quanto vi appariva irregolare egli vide e dimostrò essere slendore di costellazioni. E aggiunse mondi e mondi nascosti alla coscienza" .

Nelli introduzione viene riferita anche la profonda riluttanza di Jung a parlare della sua vita privata, era il 1956, egi ormai ottantenne , accusava tra l'altro una certa stanchezza, però , dopo molte incertezze accettò di scrivere ll'autobiografia  che egli definiva un libro di ricordi, da non considerare un opera scientifica e infatti per suo espresso desiderio non fu incluso nelle Opere Complete .

Ne parlava  come il "progetto " di Aniela Jaffè   al quale egli aveva dato i suoi contributi ,  infatti a lei era stato affidato il compito di porre domande e di annotare le risposte.Nonostante un incipit difficile e tormentato Jung si appassion così tanto al suo lavoro da dire testualmente "annotare i miei ricordi è diventato un bisogno, e se trascuro di farlo, anche per un solo giorno, immediatamente ne conseguono sintomi fisici spiacevoli, che scompaiono non appena mi metto al lavoro  , allora sento cjhe la mia mente torna perfettamente lucida"('Introduzione pag.6  )  Che dire di questo saggio , del suo potere magico, della sua capacità di trasportarci nel mondo di questo grande maestro (non aggiungo altre specificazioni come per esempio... della psiocologia , perche le trovo riduttive) che ci narra del suo processo di individuazione e della sua vita come la storia di un 'autorealizzzazione  dell'inconscio  , che ci dice di non poter sperimentare se stesso come un problema scientifico, Infatti egli dice che  la scienza si serve di concetti troppo generali ed è interprete inadeguata della ricchezza soggettiva della vita singola."Il mito è più individuale , rappresenta la vita con più precisione della scienza". (in quanti lo capiscono?!)L'enunciazione di questi concetti ci deve far riflettere, perchè ci fornisce anche  la chiave di accesso alla lettura del saggio, nella  prospettiva  di  narrazione  di un  mito personale: il acconto di  storie  sulle quali non ci si deve chiedere se siano vere o no, ma testualmente "se ciò che racconto è la mia favola, la mia verità"..Un mito che si snoda dall'infanzia in Svizzera , sul lago di Costanza , alle prime immagini tratte da esperienze onioriche precoci, alla scoperta degli interessi per la letteratura , la filosofia, le religioni, l' alchimia. Il libro a mio avviso ha un potere magico perchè sembra veramente metterci in contatto sia con il suo autore sia con i personaggi che lo animano: dai  i genitori, appena tratteggiati,, anche  nel loro essere  coppia non propria bene assortita, ma significativamente presentinella sua esistenza , ciascuno a suo modo, , alla parentela con Goethe , sussurrata attraverso la leggenda secondo la quale Il nonno di Jung  ne sarebbe stato il figlio naturale, fino all'incontro e poi alla rottura con con Freud, alle famose  sincronicità di cui fu protagonista.

Che dire poi , di  uno degli episodi più inquietanti legati ad un particolare momento della sua vita in cui egli racconta  che la sua casa era piena di fantasmi che facevano molto rumore ,disturbando sia lui, sia la moglie e i figli .

Come dice Bateson in proposito ," nel gergo corrente della psichiatria , potremmo dire che tutti in quella casa erano pazzi da legare  e ne avevano ottime ragioni. Se si intorbida la propria epistemologia , si diviene psicopatici , e Jung stava attraversando una crisi epistemologica." (Gregory Bateson, Verso un ecologia della mente, ed Adelphi, 1978, pag 472)Però,  appena cominciò a scrivere  un libriccino intitolato "SeptemSermones ad Mortuos " che firmò "Basilide", famoso gnostico alessandrino, tutti i fantasmi scomparvero . Non voglio aggiungere altro, solo dire che leggere questo libro è un esperienza veramente arricchente.. purchè lo si legga in chiave autoriflessiva(vale a dire nel senso che non è solo di fronte a noi Jung che parla di sè, ma...egli parla anche di noi).anche attraverso difficilmente  eliminabili distorsioni di senso!. 

 

 Ethan Watters,  Pazzi come noi , ed Mondadori ,2010, euro 22,00

Quel che diciamo dei disturbi mentali rivela ciò che apprezziamo e ciò che temiamo

                                                                                                                   Juli McGruder

Nell'introduzione, come d'altro canto nell'aforisma citato in esergo, leggiamo" Il nostro impatto più nocivo nei confronti delle altre culture non consiste nella diffusione  degli archi dorati di Mc Donalds's, ma nel modo in cui stiamo appiattendo persino il paesaggio psichico dell'uomo". (pag.1)Che significa? Significa purtroppo che stiamo esportando le patologie della cultura occidentale, in particolare di quella americana, in maniera pervasiva in molti paesi orientali.

Negli ultimi vent'anni i disturbi dell'alimentazione sono aumentati a Hong Kong e si stanno diffondendo in tutta la Cina. Le malattie mentali un tempo erano legate alla cultura e all'epoca storica, tant'è  che esse si esprimevano in forme infinitamente complesse e peculiari, a seconda delle differenti credenze religiose , scientifiche e sociali, al punto che comparivano e scomparivano nell'arco di una generazione. Nel suo libro "Viaggiatori folli," Jan Hacking narra come nell'Europa vittoriana, apparve una sindrome che induceva giovani uomini a camminare per centinaia di chilometri in una sorta di trance.

A metà Ottocento, molte giovani donne della buona borghesia soffrivano di una forma di paralisi isterica alle gambe , che le paralizzava a letto:un linguaggio iconico diretto a rappresentare la condizione di paralisi che vivevano i ruoli sociali femminili  in quell'epoca.

Con la globalizzazione tutto è cambiato, cioè le differenze tra le diverse espressioni della follia stanno scomparendo.Così le forme autoctone della malattia mentale e della sua guarigione hanno subito il livellamento operato da malattie e terapie prodotte negli Sati Uniti.Cos'è accaduto di fatto? Le categorie ufficiali dei disturbi mentali sono create e "prescritte da professionisti di formazione occidentale , in particolare statunitense. Il Manuale diagnostioco e statistico dei distrurbi mentali (DSMIV) dell'American Psyaichiatric Association chiamato la Bibbia della Psichiatria, rappresenta lo standard mondiale.. Inoltre le più importanti riviste scientifiche  e i più importanti convegni di psicologia e di psichiatria sono gestitti da ricercatori e organizzazioni statunitensi. Le università occidentali formano i più influenti clinici e accademici del mondo.. Le aziende farmaceutiche occidentali elargiscono fondi per la ricerca e investono miliardi nel marketing dei farmaciper i disturbi mentali. Specialisti formati in Occidente si precipitano ovunque si verifichi una guerra o una catastrofe naturale per offrire "pronto soccorso psicologico", veicolando, l'epistemologia  implicita  "sul come la mente si ammala e su come bisogna curarla."

Purtroppo  molti operatori impegnati nel campo della salute mentale , ritengono e a torto  che le precedenti generazioni di psichiatri  non avevano capito nulla , coinvolti e mistificati dalle credenze culturali del loro tempo.

Così l'epidemia delle donne isteriche in epoca vittoriana era solo un mero prodotto culturale. Lo stesso vale per  alcune malattie riscontrate in altre culture, considerate spettacoli carnevaleschi. Il Koro, sindrome di cui soffrono alcuni uomini dell'Asia sud-orientale, caratterizzata dalla convinzione che i propri genitali si stiano ritraendo nel corpo, o l'amok, esperienza  vissuta da alcuni maschi indonesiani che, dopo un lungo periodo di incubazione, presentano comportamenti distruttivi , quale un furore omicida , legato all'idea di aver subito un' offesa sociale, sono stati relegati in fondo alla quarta edizione del DSM,nelle pagine dedicate a quelle che vengono definite sindromi culturali caratterizzate(DSM-IV; pp.845-849). Già che c'erano,potevano scrivere "Esotismi psichiatrici"

I medici che in occidente si occupano di disturbi mentali, ritengono che i disturbi descritti dal DSM-IV, nelle 844 pagine che precedono quelle sulle "sindromi culturalmente caratterizzate", siano a differenze di queste , dei veri disturbi della mente , con sintomatologie ed esiti relativamente autonome rispetto alle mutevoli credenze culturali.

Alla fine , è stata costruita una paralogia, per non dire una tautologia e cioè, che tali disturbi non essendo influenzati dalla cultura sono sicuramente universali , cioè riguardano tuti gli esseri umani, al di là della latitudine. La loro applicazione su scala mondiale rappresenta la meravigliosa marcia del sapere scientifico.

Invece gli studiosi di fenomeni interculturali e gli antropologi, in questo libro raccontano storie ben diverse e cioè dimostrano che l'esperienza della malattia mentale è inscindibile dalla cultura..Così nel libro viene dimostrato, come tutti i disturbi mentali, compresi, categorie abbastanza ovvie, come depressione, PTSD, e persino schizofrenia, sono modellati da credenze e aspettativer culturali, con l'ovvia premessa che l'influenza culturale sulla psiche di una persona che soffre di duisturbi mentali è sempre un fenomeno locale e interiore.

 Ethan Watters racconta, documentando quindi, quanto afferma  di quattro malattie in quattro paesi diversi, con l'intento di di descrivere gli effetti della globalizzazione delle credenze occidentali sulla salute mentale. Gli psichiatri intercuilturali e gli antropologi , di cui si parla in questo libro , raccontano come stiamo assistendo ad un passaggio importante e cioè che le diverse concezioni culturali della malattia mentale e della salute mentale si stanno annullando. Dice l'autore, che quanto sta accadendo, in campo psicologico gli rinvia con una bella metafora evocativa,  a ciò che succede ai botanici che documentano disperatamente la diversità nella foresta pluviale pochi minuti prima che arrivino i bulldozer. Il libro è appassionante e illuminante, perchè ci aiuta a riflettere sull'oscuro potere esercitato nell'aldilà della nostra psiche dalla psicocrazia imperante!